Ma bisogna fare chiarezza su alcuni aspetti che nel futuro (nemmeno tanto lontano) potrebbero mettere in discussione la stessa tenuta del sistema. Ad accendere un faro su tre variabili in grado di mutare gli scenari sono il professor Alberto Brambilla, Presidente Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali e Antonietta Mundo, già Coordinatore generale statistico attuariale INPS. In un’analisi pubblicata sul Corriere, i due esperti hanno evidenziato come l’aumento delle pensioni di invalidità scattato in questi giorni, la sentenza sulle pensioni d’oro prevista per ottobre e il banco di prova di Quota 100 possono rappresentare tre punti critici importanti.
Ed è proprio su questi punti che va fatta chiarezza. L’intervento della Consulta sugli assegni di invalidità ha cambiato gli importi già a partire da questa prima settimana di agosto. Tutte le prestazioni previdenziali su questo fronte sono passate da 286,81 euro a 516 euro mensili. I giudici della Corte Costituzionale, lo scorso 23 giugno, hanno infatti stabilito l’illegittimità dell’assegno definendolo “inadeguato” a soddisfare i bisogni di chi deve fare i conti con una invalidità permanente. Tutto ciò porterà inevitabilmente ad un aumento della spesa previdenziale che si aggirerà solo nel comparto degli assegni per disabili intorno a 2,9 miliardi di euro su base annua. Ma non finisce qui. Il secondo punto riguarda un’altra sentenza che è attesa da tempo: il verdetto della consulta sul taglio alle pensioni d’oro che come abbiamo ricordato spesso su ilGiornale.it è per cinque anni. Anche qui i conti sono importanti.
Il primo taglio è stato fatto nel giugno del 2019 e riguarda ben 24mila pensionati con assegni che superano i 100mila euro lordi annui. Con una sforbiciata lunga 5 anni, nelle casse dell’Erario si andrebbe a creare una sacca di risparmio di circa 415 milioni di euro. Su questo fronte i ricorsi degli avvocati fioccano e, come abbiamo raccontato, la battaglia legale si accinge ad arrivare all’atto finale: la sentenza prevista per fine ottobre. Già la Corte dei Conti del Friuli Venezia Giulia aveva dato nell’ottobre del 2019 un’indicazione chiara su questa vicenda affermando che lo “scippo di Stato” (perché di questo si tratta) “non rispetta i tre fondamentali principi posti dalla Corte Costituzionale in tema di previdenza: ragionevolezza, adeguatezza, affidamento”.
Parole chiare che indirizzano già il probabile verdetto della Consulta. La bocciatura del ricalcolo sulle pensioni alte potrebbe portare ad un ulteriore esborso per le casse dello Stato. Infine va ricordato l’impatto dell’emergenza Covid e del flusso di cassa di Quota 100 sulle casse dell’istituto di previdenza sociale. L’Inps aumenterà il suo disavanzo a circa 48 miliardi nel 2020. Quelle di cui abbiamo parlato sono tre bombe pronte ad esplodere sulle casse previdenziali. Tre mazzate su un sistema che rischia di collassare. E già da più parti (Europa e Fmi in testa) ci chiedono interventi strutturali sul sistema previdenziale nel lungo periodo. Interventi dolorosi che potrebbero portare ad un innalzamento dell’età per l’uscita dal lavoro.