Il titolo di questo mio articolo su Massimo Giletti ora messo sotto scorta dopo la pubblicazione delle frasi dette su di lui dal boss mafioso Filippo Graviano (era fine maggio, che veloci, vero?), non è solo un messaggio di solidarietà, ma soprattutto la constatazione che siamo di fronte a un uomo eccezionale, che non si piega e va avanti. «Non posso tirarmi indietro, a settembre riprenderà Non è l’Arena e continuerò a parlare contro la mafia», dice.
Ricordo chi è Filippo Graviano, quello che dal carcere si lamenta di quel giornalista che gli sta «rompendo la m…». Con il fratello Graviano, leggo su Wikipedia, “ebbe un ruolo importante nell’organizzazione delle stragi del 1993 a Firenze, Milano e Roma e nell’omicidio di don Pino Puglisi. I due vennero arrestati il 27 gennaio 1994 a Milano. Sta attualmente scontando la pena all’ergastolo nel carcere di Parma”. Quelle lamentele sono partite dopo la presa di posizione di Giletti sulle decisioni del ministro della giustizia Alfonso Bonafede che ha avallato le decisioni sulle scarcerazioni giustificate dal Covid. In quei giorni Massimo Giletti ha denunciato che il governo ha trattato i boss mafiosi come “ladri di polli.”
Servo, pagato, vergognoso, viscido, sono solo alcuni degli insulti, i più leggeri, che hanno scritto sui social. Perché Massimo Giletti in tv ha avuto pure il coraggio di fare nomi e cognomi di personaggi legati alla criminalità organizzata improvvisamente a casa. “Attacchi e insulti aMassimo Giletti… Il tutto per aver semplicemente svolto con professionalità il suo lavoro da conduttore e giornalista”, ha scritto Giorgia Meloni in un tweet. Ieri come oggi io sto dalla parte di Massimo Giletti, “un professionista serio che fa molto bene il suo lavoro e che sta subendo attacchi ignobili!“, ho scritto allora. «Se il Viminale mi assegna la scorta vuol dire che nel mio programma abbiamo toccato qualcosa di grave e molto pericoloso. Ma essere un unicum ti espone. Diventi obiettivo. È quello che faccio più fatica ad accettare », ha detto Massimo a Virginia Piccolillo del Corriere.
E gravi e pericolose secondo Giletti sono state proprio le puntate dedicate alle scarcerazioni dei boss mafiosi dopo la rivolta nelle carceri, rivolte che una volta ottenuto lo scopo si sono fermate. «Non vorrei che nel Paese delle trattative ci sia stato un accordo », ha detto. E sempre con la Piccolillo Giletti ha concluso: «Dal ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, ancora mi aspetto una presa di distanze da quelle parole di Filippo Graviano, intercettate dal Gom, il gruppo operativo mobile della Polizia. Mentre a me e al magistrato Nino Di Matteo dava dei rompiscatole, lo lodava dicendo: “Fa il suo lavoro”… Ancora la aspetto». Quella presa di posizione la aspettiamo anche noi.