Conosco Carlos Corona prima che nascesse, era nella pancia di Nina Moric, che ho conosciuto prima che incontrasse Fabrizio Corona. Aveva 20 anni, era (ed è) di una bellezza assoluta. Da lì a poco avrebbe incontrato l’uomo della sua vita, estasi e tormento perenne. Si amano, si odiano, fanno pace, e litigano, e rifanno pace anche in questi giorni. Ma non sono qui a parlarvi di Nina e Corona, ne abbiamo parlato fin troppo, sono qui a parlare di Carlos.
Ha compiuto 18 anni. Lo chiamo mentre è a casa del padre che lo ha festeggiato a casa con una festa famigliare, con mamma, papà, anche la nonna Gabriella, che durante le grane che ha passato il figlio e non ancora finite per tutti i casini che ha fatto (e che promette di non fare più) si è ritrovata sola (suo marito, il padre di Fabrizio, Vittorio, grande direttore di giornali, non c’era più) a sostenere il nipote, a correre per il figlio, a stare vicina alla nuora ormai ex. «Grazie degli auguri tuoi e di Novella 2000», mi dice. Fa un po’ impressione il suo tono così maturo, così pacato, da pari a pari. «Parto, dopo la festa che mi hanno organizzato, a Torino, in un locale super, con tutti gli amici, anche se i miei non ci saranno».
Carlos è un ragazzo magico. Perfino fortunato nell’immensa sfortuna di essere figlio di un padre, Fabrizio, che da più di dieci anni è in grane pesanti. «Però mi sento amato e l’amore vale più di tutto», dice, e ha ragione. Ci sono figli con padri e madri integerrime, che non si sono mai sentiti amati ed è quella la grana più grande, che ti porti dietro per tutta la vita. Per me, almeno, la vera festa è stata quella che si è tenuta venerdì scorso a casa di Fabrizio.
«Col papà e la mamma, come sai», mi dice. «Io li rivedrei volentieri insieme, secondo me alla fine sono fatti per essere uniti, anche se uniti, con me di mezzo, il nostro affetto, la nostra volontà di volerci bene, sempre e comunque, lo rimarranno sempre». Certo è la speranza di ogni figlio. Ma Nina sta vivendo, spero, un nuovo amore con l’imprenditore Vincenzo Chirico, Corona invece è single, anche perché è difficile per lui (forse) vivere storie vere, visto che è agli arresti domiciliari, anche se non penso che viva vergine e martire, può anche uscire, chiedendo il permesso. «Non ha avuto il permesso di venire alla mia festa, ma non importa, abbiamo fatto una diretta con un megaschermo che proiettava la sua immagine». Un particolare non apprezzato da tutti, visto che sotto il primo piano di Fabrizio c’era scritto “il maestro”. Alla fine sono affezionato a Corona.
Come mi spiegava Mario Soldati, scrittore, giornalista e pensatore immenso: «A un amico», diceva, «devi essere vicino proprio quando sbaglia, anche se sbaglia tanto, perché gli amici non te li scegli, te li trovi nel tuo cammino, li subisci e li sostieni. Un parente lo puoi scegliere, quelli che non ti vanno li lasci per strada, un amico, rimane un amico, se ti vuol bene». Non so se Corona mi vuol bene, non gliel’ho mai chiesto, di certo io voglio il suo bene e di certo voglio bene a Carlos. «Lo so, ci sei sempre stato». L’ho già scritto, ma un giorno mentre Corona era in carcere e Nina stava male sono andato a trovarla. Le ho parlato un po’, era molto provata, poi l’ho lasciata tranquilla e Carlos, era piccolo, mi ha portato dove aveva i suoi giochi nell’appartamento di via della Moscova, a Milano, davanti al Café Radetzky e mi ha fatto vedere tutti i suoi giochi e mi ha sfidato a un duello con le spade di Star Wars. Fui battuto senza pietà, a ogni match, inesorabilmente. Mi ricordo bene quel bambino, che ora mi batte ancora, ma in altezza, di 10 centimetri.
«Mi hanno misurato da poco, un metro e ottantasette», ma mi sa che è ancora cresciuto, forse ora è uno e novanta. «Sai, sono stato promosso, vado in quinta, liceo linguistico, indirizzo economico». Pare voglia fare il matematico, non ho approfondito (sono negato anche solo a fare una divisione). Vorrei chiedergli dell’amore, ma, ed è veramente straordinario per me che sono spudorato all’eccesso in ogni intervista, mi trattengo: questo per lui è un periodo di festa, ci manca solo un giornalista impiccione che gli rovina la giornata. «Parto, vado in Trentino, montagna, gite, scampagnate, telefonini che non prendono». Solo? Chiedo. «No, non solo». Mi basta: essere innamorati (e lo spero) a 18 anni è il più bel regalo della vita. Auguri, Carlos.