Anna Lou Castoldi, figlia diciannovenne di Asia Argento e Morgan debutta su Netflix

Questo articolo in breve

Una nuova alunna si è iscritta al prestigioso Liceo Collodi, quello immaginato nella serie Tv Baby. Nella terza e ultima stagione, disponibile su Netflix dal 16 settembre, al già amatissimo cast si aggiunge Anna Lou Castoldi, figlia diciannovenne di Asia Argento e Morgan.

Nonostante la giovane età, la ragazza non è alle prime armi, perché ha già recitato in un film diretto dalla madre, Incompresa, del 2014. Più di recente mamma e figlia hanno lavorato assieme al cortometraggio Elettra (ispirato all’omonimo mito), che Asia ha realizzato per la maison d’alta moda di Antonio Grimaldi e si può vedere su YouTube. Per Anna Lou si tratta invece di una prima volta in una serie così importante, un’opportunità decisiva per la carriera. Del suo personaggio vi riveliamo solo che si chiama Aurora e farà amicizia con Damiano.

Quest’ultimo è da tempo innamorato di Chiara, ma anche disgustato e deluso dal comportamento della ragazza dopo aver scoperto, alla fine della scorsa stagione, che si prostituisce con uomini adulti. Baby prende spunto da fatti realmente accaduti, a cui diede evidenza per la prima volta il giornalista Daniele Autieri, che realizzò l’inchiesta pubblicata su La Repubblica nel 2013 e poi uscita in un libro intitolato Professione Lolita (editore Chiarelettere) due anni dopo.

È la storia di due ragazzine che in un appartamento ai Parioli venivano sfruttate per il sesso praticamente sotto gli occhi di tutti. «L’indagine di polizia prese il via dalla denuncia di una delle due madri che si accorse che la figlia aveva assunto atteggiamenti strani e inoltre aveva a disposizione cospicue somme di denaro. La mia inchiesta è partita da lì per cercare di capire meglio che cos’era successo nel mondo dei giovanissimi», spiega Autieri. Inizialmente le ragazze furono descritte sui giornali come due sbandate venute da chissà dove. «Invece abitavano in una zona centrale di Roma. La loro vicenda partiva da contesti familiari non sereni e quindi dal bisogno di conquistare l’autonomia.

Cercavano un modo facile per fare soldi e il mondo degli adulti invece di tutelarle ha sfruttato l’occasione. Due mesi dopo che avevano pubblicato il loro annuncio online su una bacheca di incontri, s’era già fatto avanti un personaggio che aveva affittato per loro un appartamento centralissimo ai Parioli. La voce girava e lui aveva capito che quella era la zona giusta per fare affari». E così fu, perché la polizia in seguito certificò cinquecento clienti e mille contatti telefonici: queste le cifre impressionanti di quello squallida realtà. «I Parioli sono il quartiere più ricco di Roma, con un reddito quasi doppio rispetto a quello medio della città. All’epoca vennero fuori alcuni nomi, ma molti di questi clienti hanno patteggiato e sono rimasti anonimi. Sono loro il male vero in tutta questa vicenda e non hanno nemmeno avuto la punizione che meritavano».

Le indagini avevano riferito di un viavai a tutte le ore, è molto difficile che i vicini di casa o i gestori dei locali lì intorno non si fossero accorti di nulla. «È verosimile che qualcuno avesse notato quel che accadeva. Le successive indagini di Mafia capitale hanno poi dimostrato che a Roma è presente un sottobosco criminale che ha fatto del ricatto la sua arma di forza. Non è affatto escluso che qualcuno sapesse e sfruttasse tutta questa vicenda a proprio vantaggio». Autieri all’epoca parlò con diversi compagni di scuola delle due minorenni implicate. «Ne emerse un quadro di famiglie distratte e di ragazzi troppo consapevoli. Grazie ai social e a Internet i giovanissimi credono di sapere tutto e pensano di potersi gestire alla pari con gli adulti, ma non è così. Sono molto più maturi di com’eravamo noi alla loro età, ma anche molto più vulnerabili.

Sanno tante cose, però non hanno gli strumenti emotivi per comprendere davvero la gravità dei fatti. Mi colpì molto l’interrogatorio di una delle due ragazzine: davanti al pm, nel palazzo di giustizia, per niente in soggezione, si lamentava perché da allora in poi non avrebbe più potuto girare in taxi, ma sarebbe dovuta tornare a usare come tutti i mezzi pubblici». Dai colloqui di Autieri con i compagni di scuola emersero altre situazioni analoghe. «Una ragazza con estremo candore confessò di essere andata da un fotografo che le aveva promesso un book da modella e che le aveva fatto delle avances. Incuriosito andai a indagare e venne fuori che erano state in quello studio almeno una decina di minorenni e che nessuno l’aveva denunciato ». Se quindi i giovani per ingenuità o disagio tendono a sottovalutare questo genere di problemi, dall’altra parte gli adulti in cattiva fede ci marciano.

Il risultato sconfortante è quello che vediamo in Baby: prostituzione, ricatti, video a luci rosse, droga e ragazzine che si sentono così forti da non confessare a nessuno i loro segreti. Nella terza stagione entra in azione finalmente la polizia. Con la speranza che i nostri figli, principali spettatori della serie, capiscano quanto tutto questo sia il modo più rapido per buttarsi via per sempre.