Streaming Gratis Benevento – Juventus, diretta live tv Sky o Dzan: dove e come vedere No Rojadirecta

Questo articolo in breve

Dove e come guardare la partita

Benevento Juventus si disputerà questa sera, sabato 28 novembre 2020, alle ore 18.00  La partita sarà visibile sui canali Sky e nello specifico sui canali Sky Sport, sia sul satellite che sul digitale terrestre ed ancora Sky sport Arena al numero 204 del satellite. Ovviamente chi vorrà potrà seguire anche il match in diretta streaming. Gli abbonati potranno affidarsi a Sky Go per poter vedere il match, scaricando l’app su dispositivi mobili quali computer e notebook o ancora tablet e smartphone. Ci sarebbe ancora un’altra possibilità, ovvero guardare il match su Now Tv, il servizio di streaming live e on demand di Sky che da la possibilità di poter assistere ai più importanti incontri di calcio, ovviamente dopo aver acquistato uno dei pacchetti offerti.

Dal sole di quel 7 aprile 2018 ai nuvoloni previsti per la giornata di oggi su Benevento, gli stessi che Paulo Dybala deve scacciare per evitare l’approssimarsi di una crisi mai così rovinosa. Due anni e mezzo fa alla Joya riusciva tutto e la tripletta rifilata ai campani, mixando una deliziosa palombella disegnata con il mancino e un doppio rigore, certificava la bellezza di una stagione che si sarebbe conclusa come nessun’altra nella carriera dell’argentino: 26 gol in 46 partite.

Non avrebbe mai più segnato così tanto, Paulo, chiamato ora a fare finalmente sfoggio di qualità nascoste sin qui in magazzino. Vuoi per gli infortuni, inclusa l’infezione alle vie urinarie evidentemente smaltita, vuoi per una condizione mentale da ritrovare in toto, anche perché nel frattempo Cristiano Ronaldo e Alvaro Morata sono scattati in testa nelle gerarchie di Andrea Pirlo, la stagione di Paulo deve ancora cominciare. Cantano i numeri: otto presenze, la metà delle quali da titolare, 390 minuti in campo, più flop che top. No, questo qui non è Dybala.

In quell’unico precedente del 2018 il Vigorito era pieno e, anche se Paulo era un avversario dei giallorossi, la traiettoria dell’1-0 sollevò applausi. Oggi lo stadio sarà deserto, mancherà pure Ronaldo e insomma l’occasione è lì. Nella sfida tra difese all’opposto – la più debole del torneo ospita la meno battuta – la Joya deve dare un segnale per scacciare incubi e fantasmi, anche se l’ultima esibizione di martedì contro il Ferencvaros ha fatto il paio con il disastroso impatto dell’ultimo quarto d’ora con la Lazio, quando l’accoppiata costruita in corso d’opera con Morata non ha funzionato.

L’ultima volta in cui l’argentino e lo spagnolo hanno giocato titolari assieme risale a Spezia-Juve, 1° novembre: il duo ha resistito 56 minuti, poi è entrato CR7 per la Joya e i bianconeri hanno svoltato. Alvaro e Paulo dall’inizio: è successo altre due volte, in casa contro Verona e Barcellona. Niente di speciale, buoni spunti qua e là con i veneti al netto del pari finale, con i catalani invece più buio che altro. Sullo sfondo, intanto, aleggia la solita questione del mancato rinnovo di contratto in scadenza nel 2022. Ma Dybala non sta ingranando perché preoccupato del futuro.

Servirebbe una scintilla, oggi, per dare continuità alla serenità del ragazzo. Già, nessuno tra coloro che lo conoscono bene l’ha mai visto preoccupato e questa tranquillità di fondo, abbinata a una buona condizione fisica, rassicura tutta la Juventus. Un club, un mondo con cui aveva instaurato un rapporto straordinario fin dal suo arrivo, con tanto di esordio devastante in senso buono (la Supercoppa 2015 a Shanghai), poi il mancato trasferimento dell’estate 2019 ha segnato una frattura.

Però adesso Dybala deve sbloccarsi, al gong di una settimana in cui ha lavorato bene alla Continassa e sollevando pesi a casa sua, altrimenti non si cancelleranno mai quei fastidiosi commenti sul suo essere incompatibile con compagni di reparto che stanno “mangiando l’erba” come fossero al debutto in una grande squadra. Perché poi si finisce sempre lì, a quel tridente delle meraviglie che rappresenta lo sbocco naturale in una Juve strutturata secondo il credo di Pirlo. Non è il momento, ma tutto dipende dalla fame della Joya. Paulo, ci sei?

Dieci partite, sette gol, prestazioni di grande sostanza e carattere da leader: il nuovo Alvaro Morata, sbocciato nella Juventus come cinque anni fa, è consapevole che questo pomeriggio dovrà caricarsi la Juventus sulle spalle. Lo ha già fatto e ci sono state serate più fortunate (a Kiev, per esempio, quando è stato l’uomo decisivo), così come passaggi sfortunati come a Crotone o contro il Verona, quando fuorigioco di pochi centimetri hanno impedito a lui di segnare e alla Juventus di vincere.

Ma, al di là degli esami passati senza Ronaldo in campo, in questi primi due mesi di stagione Morata si è ritagliato un ruolo da trascinatore e, soprattutto, da affidabile risolutore di problemi. E questo lo ha fatto anche con Ronaldo in campo, vedi la partita di mercoledì contro la Dynamo Kiev, risolta dal suo gol al 92’.

E’ cresciuto, è più solido psicologicamente ma, soprattutto, attraversa un momento di forma strepitoso e, per questo, Pirlo lo vuole sfruttare fino in fondo. Sa benissimo che bisogna cavalcare l’onda del gol e si fida a tal punto del Morata 2020 da concedere un turno di riposo a Ronaldo, lasciandolo proprio a Torino, pur avendo un Dybala da rigenerare.

E Morata da parte sua non sembra affatto spaventato dalla circostanza. Vederlo di fianco a Dybala fa abbastanza impressione: i due, che sono divisi da un anno (28 lo spagnolo, 27 l’argentino), erano i due giovani attaccanti della seconda Juventus di Allegri, sbarazzini e talentuosi, ma se uno avrebbe dovuto scommettere su quale dei due avrebbe, un giorno, preso per mano la Juventus avrebbe certamente scommesso su Paulo.

Se non altro perché Alvaro aveva la spada di Damocle della “recompra” madridista. E le stagioni successive sembravano confermare la prima impressione. Negli ultimi due mesi si è rovesciato tutto: lo spagnolo, che sembrava essersi perso fra incomprensioni con i tecnici e trasferimenti continui, si è presentato determinato, cinico, maturo e solido; l’argentino che, a 27 anni anni, avrebbe dovuto iniziare il suo regno in bianconero, si è perso nella nebbia di una crisi di identità tattica, tecnica e fisica.

A Benevento si ritrovano uno di fianco all’altro e Morata potrebbe aiutare Dybala a venire fuori dal momento critico, magari con un gol o comunque con una prestazione che lo aiuti psicologicamente. La forma assai deficitaria martedì contro il Ferencvaros non può essersi magicamente accresciuta in tre giorni di cui uno di riposo: Dybala oggi pomeriggio cerca di imboccare la strada giusta, non può certamente arrivare a destinazione. E le indicazioni giuste gliele può fornire il suo amico Morata, con il quale aveva condiviso una stagione di speranze e adesso deve contendersi il posto.

Sì, perché se oggi fanno coppia, mercoledì in Champions League uno dovrà sedersi in panchina: l’idea del tridente è stata accarezzata da Pirlo in teoria, ma sembra ancora piuttosto lontano dalla pratica. Almeno fino a che la condizione atletica dei tre interessanti e, più in generale, di tutta la squadra non consenta una partita di grande intensità agonistica per sorreggere il sistema iper-offensivo.

Morata l’altra sera, dopo aver risolto la qualificazione agli ottavi con la sua incornata, si è espresso in modo molto saggio: «Uno impara da tutto il suo percorso. Sono più completo, quando avevo 22/23 anni pensavo solo a quando mi arrivava la palla mentre ora sono più inserito nel gioco. C’è solo da pedalare». E lui sta pedalando fortissimo, roba da passista-cronoman alla Indurain (per rimanere in Spagna), trascinandosi dietro il treno della Juventus nei momenti difficili, svolgendo in modo egregio il ruolo di spalla di Ronaldo, ma anche di suo sostituto come uomo della provvidenza. Se Dybala riuscirà a stare al passo, sfruttando la scia, potrebbe trovare il giusto ritmo anche lui. Questa sera, oltretutto, Paulo ha un vantaggio: molti si aspettano Morata, pochi si aspettano Dybala. Certo, tutti, per primo Pirlo, si aspettano tre punti della Juventus e questa è l’unica cosa che conta.

Rispetto sì, ma senza eccessivi timori. Non è sfrontatezza, quella del Benevento che si approssima ad incrociare la Juventus. La società di Oreste Vigorito è già stata artefice di un piccolo miracolo nel riportarsi in così breve tempo sul palcoscenico di maggior prestigio. Dopo il tonfo interno con lo Spezia, il rischio che il filotto di sconfitte potesse protrarsi con Fiorentina e bianconeri registrava scommesse elevatissime.

Poteva essere l’orlo del baratro. «Invece, la classifica ci regala il piacere di giocarcela questa sfida con la Juve – dice Pippo Inzaghi -. Certo, sulla carta non c’è partita, ma lo stesso era a Firenze, ma noi non partiamo battuti contro nessuno. Se, poi, l’avversario, una delle squadre più forti d’Europa, dimostrerà di essere superiore, ne prenderemo atto. Purtroppo, il nostro pubblico non potrà esserci accanto».

Altro grande assente Cristiano Ronaldo. «Un vantaggio? Lo sarebbe stato se al suo posto non avesse giocato Dybala – ribatte il tecnico giallorosso -. Comunque, sull’argentino va prestata grande attenzione». Oltretutto, il Vigorito porta bene alla Joya, che qui timbrò tre volte il cartellino. Il Benevento era riuscito ad impattarla 2 a 2 con la doppietta di Diabaté, poi Dybala e Douglas Costa chiusero i conti.

Inzaghi, comunque, non preannuncia accorgimenti particolari. «La squadra non va snaturata, se ci arrocchiamo, il gol, da una squadra come la Juve, prima o poi lo prendi. Ci sarà da soffrire, ma ribatteremo colpo su colpo. Sarà fondamentale l’atteggiamento. Con lo spirito, la voglia e l’organizzazione cercheremo di colmare il gap tecnico». Sull’altra panchina, Super Pippo ritroverà Andrea Pirlo, compagno di tanti trionfi: «Non mi meraviglia che alleni già una grande squadra.

Per due ore saremo avversari, dopodiché ci abbracceremo ricordando i moltissimi assist che mi regalava».

Inzaghi disporrà i suoi in base al collaudato 4-3-2-1: nutre ancora qualche dubbio, ma dovrebbero essere due le novità, i rientri di Caprari e Lapadula in attacco.

I primo pensiero è la notte di Atene. Di rado un gol unisce in modo così definitivo il marcatore e l’autore dell’assist, per altro involontario come può essere solo un tiro che diventa passaggio. Andrea Pirlo e Pippo Inzaghi hanno percorso insieme un lungo e glorioso tratto della loro carriera: campioni del mondo con il club e con la Nazionale, campioni d’Europa a Manchester nella primafinale tutta italiana della Coppa dei Campioni, ma la sublimazione del loro rapporto arrivò ad Atene nel 2007.

Finale di Champions, Milan-Liverpool, la rivincita dell’incredibile sfida di due anni prima quando Pippo era in tribuna per un infortunio e Andrea sbagliò uno dei rigori decisivi. Al 45’ del primo tempo ci fu una punizione per il Milan: calciò Pirlo, la palla sbattè sulla spalla di Inzaghi che si stava muovendo in area, Reina spiazzato e rossoneri in vantaggio. Scherzando si disse che era uno schema provato e riprovato a Milanello (anche perché non fu la prima volta: Inter-Milan 1-3 del 2003, punizione del Maestro e deviazione di testa di SuperPippo). Di sicuro fu un gol importantissimo e a distanza di anni quando viene ricordato il pensiero è duplice: Pirlo che batte, Inzaghi che esulta.

Scherzi e scaramanzie «Sapevo dove sarebbe andato il pallone, così mi sono detto: mi muovo, magari distraggo il portiere, magari lo tocco», ha raccontato Inzaghi. «Davanti al portiere avversario Pippo faceva sempre la stessa cosa, senza fantasia ma con il massimo dell’efficacia », ha ricordato Pirlo nella sua autobiografia. Nel Milan di Ancelotti Andrea e Pippo sono stati la mente e il braccio di una squadra che aveva così tanti campioni da rendere impossibile una classifica. Tutti erano decisivi, ciascuno a modo proprio e ciascuno quando era giunto il momento di incidere.

Inzaghi era metodico e pieno di scaramanzie. Una in particolare, legata ai plasmon: li mangiava e poi ne lasciava due in fondo alla confezione, una specie di rito propiziatorio per il gol. Pirlo, che a dispetto delle apparenze è sempre stato un giullare nello spogliatoio, si divertiva a farlo arrabbiare e ha cercato in tutti i modi di sottrargli i preziosi biscotti, ma senza mai riuscirci. Scudetto e salvezza Adesso Andrea e Pippo stanno provando a fare la differenza anche dalla panchina, consapevoli che le sorti degli allenatori dipendono dai giocatori.

Andrea parte favorito: guida la squadra campione d’Italia da 9 anni (e che punta al decimo tricolore), può permettersi di lasciare riposare Ronaldo perché Morata è in gran forma e Dybala l’altra volta che si è presentato a Benevento è tornato a casa con il pallone del triplettista. Pippo si gode una realtà diversa, meno ricca tecnicamente ma coinvolgente a livello umano: a Benevento sta bene, i giocatori lo seguono, il gruppo è affiatato e i 9 punti dimostrano che la strada è quella giusta per la salvezza.

Percorsi diversi A proposito di strade, Pirlo e Inzaghi hanno imboccato subito quella della Serie A nella loro avventura da tecnici. Pirlo, però, è seduto su una corazzata mentre il Milan 2014-15 era una barchetta che rischiava di imbarcare acqua appena s’increspava il mare. Nei primi mesi le cose non andarono nemmeno male, poi la stagione si complicò e Inzaghi decise che era meglio ripartire dal basso e ricostruirsi con calma: Venezia, Bologna, Benevento. La forza del lavoro, l’importanza della passione.

«Pippo si è messo in discussione — ha detto ieri Pirlo —, ha iniziato nel Milan e poi ha fatto un grande passo indietro. È stato ammirevole andando in C e compiendo un passo importante per la sua crescita. Con i risultati è stato bravo a riconquistarsi la A. È un allenatore bravo e preparato, un malato di calcio e sicuramente arriverà in alto». Inzaghi invece in conferenza ha raccontato un retroscena legato al passaggio al Milan dell’ex centrocampista: «Io e Andrea avevamo lo stesso procuratore e Tinti dopo aver chiuso il mio trasferimento propose a Galliani Pirlo». Arrivarono lo stesso anno e condivisero 10 stagioni, esaltanti e gonfie di successi. La notte di Atene è il filo rosso che li terrà legati per sempre, ma stasera a Benevento saranno rivali in panchina per la prima volta.

Pirlo, ha raccontato ieri, nell’estate del 1986 andava in giardino e riprovava a fare il gol di Maradona all’Inghilterra, scartandoli tutti. Parecchi anni dopo Federico Chiesa, in giardino, probabilmente trovava il papà. Enrico non era un difensore, ma di sicuro un ostacolo più duro da saltare di avversari immaginari. La cosa dovrebbe aver “rodato” il figlio d’arte e adesso viene buona anche a Pirlo. Alla base del gioco offensivo del tecnico c’è l’occupazione in ampiezza del fronte: il gioco deve passare dalle fasce e lì devono esserci interpreti del ruolo capaci di saltare l’uomo e creare superiorità. Per questo ha avvallato con entusiasmo l’acquisto (pesante) dell’ex viola, per questo lo ha lanciato subito, per questo si aspetta da lui un salto di qualità. Da sfruttare Chiesa è arrivato alla Juve all’ultimo giorno di mercato, a campionato iniziato, durante una sosta per le nazionali. Alla prima occasione buona il tecnico l’ha buttato dentro, da titolare, contro il Crotone: assist, rosso e poi conferma per la Champions, a Kiev. Da allora ha giocato altre due volte titolare in coppa, una in campionato: insegue ancora il primo gol. Contro il Ferencvaros, martedì, è entrato in campo per sbloccare una situazione che si era impantanata e invece è finito nel “fango” anche lui, fra le linee degli ungheresi.«In Champions abbiamo voluto giocare troppo con la palla fra i piedi – ha detto Pirlo – invece dobbiamo anche cercare la profondità ». Federico sembra l’uomo giusto per farlo, per caratteristiche e trascorsi, anche se in queste settimane i compagni hanno raramente trovato i tempi per servirlo, e lui per scattare. Però nell’idea del tecnico resta centrale, uno di quelli che hanno superato i “casting”: «Abbiamo usato queste gare per provare certi giocatori in certe posizioni, ora che abbiamoindividuato la struttura della squadra si può lavorare meglio ». In settimana ha studiato a lungo gli esterni del Benevento in video: trovare la corsia giusta e sbloccarsi a livello di gol sarebbe passo importante. CR7 a riposo Tanto più visto che Ronaldo è rimasto a Torino, per un riposo concordato con lo staff tecnico («È stanco»): non si potrà contare su di lui per risolvere eventuali problemi. Nelle quattro gare senza Cristiano sono arrivati due pareggi in campionato, una vittoria e una sconfitta in Champions. Morata ha fatto tre gol, Kulusevski uno. Alvaro ci sarà ed è ormai una certezza, da Dybala si aspettano segnali di risalita (l’ultima volta al Vigorito fu tripletta), ma una collaborazione di Chiesa nel tabellino sarebbe gradita.