Dopo la bonaccia autunnale, il campionato è entrato nel vivo e, soprattutto, il mercato è già alle porte e così l’allenatore ha deciso di alzare il volume per mettere anche pubblicamente pressione ai dirigenti, considerato che, al contrario, si è affrettato a spiegare come i rapporti con la società siano idilliaci. La tensione corre sempre sul filo con chi deve fare da cuscinetto tra Appiano e Nanchino guidando l’area tecnica, vale a dire Beppe Marotta e Piero Ausilio. La partita stavolta si giocherà sull’addio, ormai scontato, di Christian Eriksen, operazione da cui dipenderà il mercato che farà l’Inter.
In rosa manca un centrocampista difensivo e un vice Lukaku. Conte non si è ancora completamente rassegnato all’idea di arrivare a Kanté, l’uomo che – ancorato alla difesa – permetterebbe all’Inter di liberare Vidal e Barella, a Reggio Emilia utilizzato invece come frangiflutti.
Un sogno che rimarrà tale, considerato che l’operazione ha costi oggi non sostenibili per il club, al netto del fatto che il Chelsea non si vuole liberare del francese, finora sempre titolare in Premier con Lampard. Più facile invece arrivare al vice Lukaku dove due sono i nomi nei radar nerazzurri: il primo è quello di Arek Milik, il secondo è un’altra vecchia conoscenza per l’Inter e risponde all’identikit di Olivier Giroud. Il Napoli chiede per il polacco, nonostante il suo contratto andrà in scadenza a giugno, 18 milioni, più o meno quanto gli azzurri devono per Politano all’Inter. Per quanto riguarda Giroud l’Inter potrebbe provare a imbastire un’operazione simile a quella che ha portato Ashley Young in nerazzurro con un prestito a sei mesi con diritto/obbligo di riscatto.
Il colpo in mezzo, come sottolineato, andrà finanziato dalla cessione di Eriksen. Non volendo prescindere Conte da Kanté, il prescelto potrebbe essere una mezzala che unisca qualità e capacità di inserirsi negli spazi. identikit che risponde al nome di Rodrigo De Paul che l’Inter già corteggiava un anno fa di questi tempi (soluzione che manterrebbe Barella ancorato davanti alla difesa). Però, per rendere fattibile l’operazione, serva che un club compri Eriksen, soluzione peraltro più gradita al danese che non vorrebbe entrare in uno scambio senza garanzia sul futuro. L’Inter, in tal senso, guarda al Real Madrid, al Manchester United e pure al Paris Saint-Germain che potrebbe pure giocarsi la carta Paredes. Con l’Arsenal invece si potrebbe parlare di uno scambio che abbia come contropartita Xhaka, che però – in prospettiva – escluderebbe piani su Kanté. Da cui Conte vuole ripartire, nel caso in cui venisse onorato pure il suo ultimo anno di contratto in nerazzurro.
Dove e come guardare la partita
Torino Sampdoria si disputerà questa sera, Martedì 1 dicembre 2020, alle ore 21.00 La partita sarà visibile sui canali Sky e nello specifico sui canali Sky Sport, sia sul satellite che sul digitale terrestre ed ancora Sky sport Arena al numero 204 del satellite. Ovviamente chi vorrà potrà seguire anche il match in diretta streaming. Gli abbonati potranno affidarsi a Sky Go per poter vedere il match, scaricando l’app su dispositivi mobili quali computer e notebook o ancora tablet e smartphone. Ci sarebbe ancora un’altra possibilità, ovvero guardare il match su Now Tv, il servizio di streaming live e on demand di Sky che da la possibilità di poter assistere ai più importanti incontri di calcio, ovviamente dopo aver acquistato uno dei pacchetti offerti.
Vincere per mantenere viva la speranza. A tre mesi dalla straordinaria campagna in Europa League conclusa con la finale, poi persa, contro il Siviglia (ricordo che sarà reso ancora più vivido dalla presenza dell’arbitro olandese Makkelie, disastroso in quell’occasione), ieri l’Inter è atterrata a Düsseldorf, “campo base” nelle final eight agostane.
Gli umori erano ben diversi rispetto all’estate, considerato che il doppio ko con il Real Madrid ha affossato le speranze di raggiungere gli ottavi. Infatti, anche nel caso in cui l’Inter dovesse vincere le ultime due gare del girone, stasera al Borussia Park contro il Mönchengladbach (dove il Real prima di rimontare, perdeva 2-0 al minuto 87…) e il 9 dicembre con lo Shakhtar, tutto sarebbe reso vano da un pari tra i tedeschi e la squadra di Zinedine Zidane nello scontro diretto a Valdebebas. Ciò non vuol dire che l’Inter debba essere rassegnata, questo essenzialmente per due ottimi motivi.
In primis perché, di “biscotti” è piena la storia del calcio, però sarebbe delittuoso non concedersi comunque una chance. In secondo luogo perché, una vittoria comunque di prestigio (peraltro ben remunerata dalla Uefa) darebbe un minimo di nobiltà a un girone che ha già visto Antonio Conte stabilire un record di cui non andare certo fieri, considerato che mai in Champions l’Inter aveva giocato le prime 4 partite senza vincerne nemmeno una.
Un successo in Germania, terrebbe validi i tanti alibi, legati soprattutto alle decisioni arbitrali avverse, che l’Inter può darsi, altrimenti sarebbe difficilmente giustificabile un flop che non avrebbe precedenti nella storia del club in Champions. Difficile, qualora i nerazzurri non dovessero vincere nemmeno stasera, appellarsi al possibile annullamento della rete dell’1-2 all’andata (tocco di Pléa e posizione al limite di Hofmann) oppure al rigore non dato a Lukaku a Kiev contro lo Shakhtar o al possibile annullamento del gol di Benzema a Madrid (spinta di Mendy su Hakimi) o al rigore non dato al ritorno per l’abbraccio di Lucas Vázquez a Gagliardini nella sfida di ritorno.
Se invece l’Inter dovesse servire l’impresa a Mönchengladbach, in caso di eliminazione, resterebbero tante recriminazioni, anche legate all’incrocio avverso nel calendario all’ultima giornata. Vincere, inoltre, darebbe continuità alla bella partita fatta a Reggio Emilia, in cui l’Inter per la prima volta in stagione ha mostrato (finalmente) quella solidità nella fase difensiva che finora le era sempre mancata. «È stata una partita giocata nella giusta maniera che fa parte di un percorso. Nient’altro di più», ha tagliato corto Conte, concentrandosi invece sulla sfida con il Borussia: «A inizio percorso eravamo arbitri del nostro destino, se non lo siamo più significa che siamo mancati in alcune situazioni.
Detto questo, l’unico modo per cercare di restare in vita è quello di battere il Borussia. Sappiamo che non sarà semplice, perché il nostro avversario ha già dimostrato tutta la sua forza. Al tempo stesso è un’occasione per dare seguito a un percorso iniziato in Europa dove spesso e volentieri ti trovi a giocare partite dentro o fuori, importanti. C’è l’occasione per testare una volta di più queste situazioni».
Quanti sassolini post real
L’allenatore è quindi tornato sul ko contro il Real, confermando come non gli siano proprio andate giù le critiche ricevute: «Sono stati espressi tanti giudizi negativi, tanta gente ha parlato anche di partita in cui il Real ha fatto ciò che ha voluto.
Dimenticando che alla mezzora eravamo dieci contro undici e avevamo subito un rigore dopo quattro minuti. Come detto, sono rimasto soddisfatto dell’impegno in campo in inferiorità numerica, al tempo stesso quelle situazioni ce le siamo create noi e ci hanno penalizzato. Dobbiamo essere bravi a lavorare e migliorare per far sì che queste condizioni negative non si creino. Ora affrontiamo una buonissima squadra che sta facendo molto bene in Champions anche se non dimentico che nella gara di andata meritavamo molto più di quanto ottenuto. L’obiettivo è fare una grande partita: per riuscirci dovremo dare il massimo e uscire dal campo senza rimpianti».
Postilla legata alle gravi difficoltà iniziali in difesa. Anche in questo caso, la difesa di Conte è tutt’altro che ecumenica: «Continuo a ribadire un discorso molto semplice, che può essere recepito o meno. Ci siamo trovati dopo pochissimo tempo a dover fare partite ufficiali con calciatori che non erano con l’Inter come Hakimi e Kolarov, mentre Vidal e Darmian erano più rodati, essendo già stati allenati da me. Abbiamo dovuto, in partite ufficiali, mettere calciatori che avevano bisogno di lavorare un bel po’ per capire determinate situazioni. Invece ci siamo ritrovati a buttarli nella mischia, con i rischi del caso. A volte siamo riusciti a trovare il risultato, a volte meno. Penso che sia chiara la situazione». In tal senso, stasera non c’è molto da scegliere per restare in vita…
Gira e rigira si torna sempre lì. Si può parlare di tattica, di sistemi di gioco leggermente differenti (3-5-2 o 3-4-1-2), di atteggiamento o di equilibrio, ma l’Inter che stasera si giocherà la possibilità di rimanere aggrappata a un posto negli ottavi di Champions si affiderà come sempre al proprio totem, a Romelu Lukaku. All’uomo che nell’agosto scorso trascinò i nerazzurri alla finale di Europa League a suon di gol, salvo poi essere proprio lui, con un autogol, a decidere la sfida in favore del Siviglia. Ma “Big Rom” è l’uomo dei grandi appuntamenti e delle serate europee. Devastante in Europa League, meno in Champions, ma l’Inter spera che questa sera in Germania, proprio dove il belga fu protagonista ad agosto nella seconda coppa continentale, si riveda non solo il Lukaku trascinatore, ma anche quello goleador.
STEP CHAMPIONS
Il nove nerazzurro, tenuto da Antonio Conte inizialmente a riposo sabato nella sfida di Reggio Emilia vinta 3-0 contro il Sassuolo (ha giocato i 14 minuti finali), ha segnato 9 reti in 11 partite in questa stagione, ma in Champions ha trovato la via del gol solo nella partita d’andata a San Siro contro il Borussia Monchengladbach; una doppietta comunque determinante per il 2-2 finale. Contro Shakhtar e Real Madrid – ha saltato per infortunio la partita di Valdebebas contro i blancos – è rimasto a secco, con due prestazioni in chiaroscuro: benino con gli ucraini (una traversa con un potente sinistro che gli aveva procurato un problema muscolare), in ombra contro il Madrid, anche per i pochi palloni avuti a disposizione una volta che la squadra è rimasta in inferiorità numerica.
Lukaku, uomo dei record in Europa League – 11 partite consecutive in gol fra Everton e Inter, mai nessuno come lui -, ha un rapporto d’odio-amore con la Champions. In fondo non ha giocato molte partite, solamente 25 più 4 di qualificazione, e i gol sono stati finora in tutto 11 (più 3 nelle qualificazioni). La stagione scorsa, per esempio, Lukaku non riuscì a segnare nelle prime 4 gare del girone (Slavia Praga e le due sfide col Borussia Dortmund mentre a Barcellona non giocò per infortunio), poi si sbloccò in Repubblica Ceca con una prestazione imperiale (1 gol, 2 assist e altre due reti annullate per fuorigioco) e realizzò la rete del momentaneo 1-1 a San Siro col Barcellona nell’ultima partita del girone. Gol che non bastò all’Inter per imporsi – vinsero i catalani 2-1 – e passare il turno, anche perché il belga in quella stessa partita, sbagliò due reti decisive ai fini del risultato. Insomma, se da un lato Lukaku è indiscutibilmente il Giocatore – con la “g” maiuscola – dell’Inter, autore di ben 43 reti in 62 partite in nerazzurro (per capirsi, ritmi alla Ronaldo e Vieri), dall’altro deve fare anche lui quello step per elevarsi ai livelli dei grandi centravanti d’Europa, gente come Lewandowski o Suarez che, salvo rari casi, in Champions hanno sempre lasciato il segno con reti fondamentali per i cammini delle proprie squadre. Conte a Lukaku chiederà il solito apporto, fatto di sponde, di lavoro sporco spalle alla porta, ma anche di ripartenze furiose e ovviamente gol. Stasera per vincere contro il Gladbach ci sarà bisogno di un’Inter al 110% e a maggior ragione servirà un Lukaku versione “Super Big Rom”.
Accarezzare l’impresa di rimetterla in piedi stavolta ha forse più tratti in comune con la rimonta finale dello scorso campionato (a sette giornate dalla fine l’Inter era quarta) che con la manciata di ribaltoni epici nelle sfide andata e ritorno che popolano l’antologia europea di un popolo che sulle montagne russe gioca in casa.
Stavolta non c’è la proverbiale finale: ce ne sono due. E si sa che vincerle non basta. Ma lavorare su quanto si può controllare e sperare nel resto (un successo Real sul Gladbach) non è così diverso da sapere che ogni risultato dipende dalla propria prestazione ma anche dagli episodi. Questa Champions lo ha ricordato più volte. Stavolta l’impresa che serve non è una gara di ritorno in cui dare tutto, ma nulla può ispirare come i sacri testi della storia dell’Inter, alle pagine dei cammini compromessi e in qualche modo rimessi in piedi. Per aggrapparsi a quello spirito di sopravvivenza già in parte allenato dalle tante gare rimontate in stagione.
In principio fu la semifinale di Coppa Campioni 1965. Lontana, ma l’aura dell’impresa è intatta. All’andata finì 3-1 a Liver-pool, gol della speranza di Mazzola. Al ritorno a San Siro quella speranza si riaccese con la punizione a foglia morta di Mario Corso dopo 8 minuti e si infiammò con la geniale scaltrezza di Joaquim Peirò, abile a soffiare il pallone al portiere inglese Lawrence mentre distratto si apprestava a rinviarlo. Suggellò quel pezzo di storia il gran destro dalla distanza di Facchetti per il 3-0 che valse l’approdo alla finale di San Siro contro il Benfica per la seconda Coppa dei Campioni consecutiva.
Un posto lo merita il 5-1 al ritorno sul neutro di Bari (San Siro squalificato) con cui l’Inter di Radice cancellò il 2-0 dell’andata dei sedicesimi di Uefa 1983-84 a Groningen. Ma nell’immaginario sono entrate più le rimonte lungo il percorso di una coppa vinta. Uefa 1990-91, sconfitta 2-0 nell’andata dei sedicesimi in casa dell’Aston Villa: al ritorno gol di Klinsmann al 4’ cadendo, rasoterra di Berti al 62’ e poi il gran destro di Alessandro Bianchi per il 3-0 a un quarto d’ora dalla fine su cross di Pizzi. Finirà in gloria in finale contro la Roma. Lungo il percorso della Uefa vinta nel 1998 successe poi ben due volte. Sedicesimi, k.o. in casa 1-2 col Lione: in Francia Djorkaeff e Ronaldo a ispirare, Moriero e Cauet a ribaltarla, con doppietta del primo per il 3-1. Gli ottavi sono un altro pezzo di storia: all’andata sconfitta 2-0 a Strasburgo, al ritorno la doccia fredda del rigore sbagliato da Ronaldo. Finita? Alla mezzora 1-0 con un diagonale del Fenomeno, a inizio ripresa uno dei rari gol in carriera di Javier Zanetti per impattare, fino al 3-0 di Simeone al 73’ a far esplodere San Siro.
C’è un ricordo più fresco che riporta al piano di sopra, in Champions League, marzo 2011. Agli ottavi la rivincita della finale2010: all’andataaSanSiro 0-1 del Bayern, Mario Gomez su papera di Julio Cesar. Al ritorno a Monaco subito il gol di Eto’o, ma Gomez e Thomas Muller gelarono l’Inter di Leonardo sul 2-1 bavarese alla mezzora. Ancora lunga: prima di metà ripresa ecco il 2-2 col destro al millimetro di Sneijder, finché all’88’ ecco Eto’o ad armare il sinistro di Pandev per insaccare il 2-3 dell’apoteosi. Dopo il Triplete, una notte europea come quella l’Inter è tornata a viverla solo nell’agosto scorso a Dusseldorf. Monaco, Dusseldorf, Germania. Dove si gioca stasera?