Cantava Francesco Guccini parecchi anni fa (49 per la precisione) che «gli eroi son tutti giovani e belli». Quelli del predestinato Andrea Pirlo, che a 41 anni è già proprietario di una delle panchine più prestigiose d’Europa, ne hanno appena qualcuno meno di lui e a garantire loro lo status di eterni ragazzi è la mentalità. «Sapevo che Ronaldo era un professionista – ha detto il tecnico della Juventus -, ma vederlo allenarsi tutti i giorni è stata una sorpresa. Si diverte e ha ancora una grande passione nonostante abbia vinto tutto.
Se riesci a conservare questa voglia vuol dire che sei veramente un eroe. La vedo in Cristiano ma anche in Buffon, Bonucci e Chiellini, che nonostante l’età hanno questa passione che li porta avanti, ad ambire a vincere ancora trofei». Gigi e CR7 sono stati gli eroi della partita di martedì, quella che ha consentito a Madama di mettere un piede in finale di Coppa Italia, Bonucci&Chiello stasera con la Roma saranno, insieme all’intoccabile numero 7, i garanti dell’imbat-tibilità bianconera che dura da 5 partite di fila tra campionato, Coppa Italia e Supercoppa.
Ambizione e mentalità Pirlo è nato con le stimmate del predestinato: lo era da giocatore, lo è diventato da allenatore, sedendosi subito sulla panchina più importante. Non capita a tutti (a dire la verità a pochissimi) di sbaciucchiare un trofeo dopo 4 mesi e mezzo da tecnico e con meno di 30 panchine sulle spalle. Rispetto agli ex compagni (ed ex avversari) ora ha un altro ruolo, però condivide con CR7 & co. la mentalità.
Aspetto su cui il Maestro sta insistendo tanto e relativamente al quale la squadra ha fatto grandi passi avanti. Stasera allo Stadium la Signora si sottoporrà a un’interessante prova di maturità, che dirà molto sulle ambizioni tricolori dei bianconeri, ribadite ieri dall’allenatore: «Milane Inter sono attrezzate per lo scudetto, ma anche Roma, Napoli e Atalanta. Noi siamo tra quelli che possono ambire alla vittoria finale. I successi ci caricano di adrenalina e non deve mai mancare l’ambizione di voler vincere: lo abbiamo scoperto dopo le sconfitte contro Fiorentina e Inter».
Pirlo non ha esperienza (quella te la regala solo il tempo), però sopperisce con carisma, personalità e idee. Andrea Agnelli lo ha scelto per la sua visione avveniristica di calcio, gli ha chiesto lo scudetto come ai suoi predecessori ma gli ha anche garantito sostegno assoluto. Anche quando, a inizio stagione, i risultati non erano in linea con le aspettative (vedi i pari con Crotone e Benevento). «Rispetto all’andata con la Roma siamo cambiati molto — ha ammesso il tecnico — , riguardando la partita abbiamo visto che non mandavamo a saltare McKennie sui calci d’angolo o facevamo battere i piazzati a Kulusevski: sbagliavamo, ma senza amichevoli abbiamo potuto provare solo in partita». Pirlo può permettersi di provare e sbagliare senza sentirsi in discussione, come capita a molti suoi colleghi. I conti si faranno alla fine, quando però conteranno solo i trofei.
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Titolare per caso. O forse no. Perché visto il rendimento di Mayoral, il fato c’entra poco. Certo, non capita tutti i giorni che il titolare (Dzeko) litighi con l’allenatore, rischi la cessione, venga escluso per un paio di partite e poi reintegrato soltanto perché la sessione di mercato è conclusa. Nella vita però le occasioni fanno le rivoluzioni, amava ricordare il poeta brasiliano Joaquim Maria Machado. E a pensarci bene, Mayoral titolare contro la Juventus e Dzeko in panchina, nel suo piccolo, cosa rappresenta se non una rivoluzione?
Va detto che lo spagnolo sinora ha sempre risposto al meglio. Soprattutto quando è stato schierato titolare. I suoi gol, tra campionato e Europa League, arrivano quando Borja può iniziare il match dal primo minuto. In stagione è già a quota 9: Crotone (2), Spezia (2), Parma (1), Cluj (2), Young Boys (1) e Verona (1), le sue vittime. Proprio con la rete ai veneti, l’ex Real ha eguagliato il suo record personale di marcature in una singola annata, che risale alla stagione passata quando vestiva la maglia del Levante. Anche se, in quel frangente, impiegò 36 partite. Con la Roma invece gliene sono bastate 20. Il 2 ottobre il club giallorosso ne ha ufficializzato l’acquisto: prestito biennale (2 milioni) con due possibilità per riscattarlo. A giugno per 15 milioni, oppure nel 2022 a 20. Per adesso non se ne è ancora parlato, ma a suon di gol Borja si sta aprendo la strada per la conferma.
La sua, è una di quelle storie belle da raccontare. Perché Borja ha iniziato a dribblare sin da piccolo. Prima degli avversari, la paura. Quella che a 4 anni – quando gli è stato diagnosticato il diabete – ha fatto temere di dover accantonare i sogni prima di coltivarli. E invece, aiutato dalla presenza costante di mamma Isabel, che prima di ogni allenamento lo costringeva a farsi controllare il livello di zucchero nel sangue, ha iniziato a conviverci: «All’inizio sei spaventato, poi ti rendi conto che si tratta di capire e crescere». Borja lo ha fatto in fretta, sedotto e abbandonato da quel Real Madrid che aveva abbracciato nel 2007, ma dove non hanno mai creduto fino in fondo nell’attaccante allevato in casa. Un paio di prestiti (Wolfsburg e il già ricordato Levante) e ritorni alla base con la valigia sempre pronta. Da quattro mesi è a Roma, dove potrebbe mettere finalmente radici.