Britney è libera. La Spears, fra le popstar più ricche e famose del pianeta, 39 anni, due figli e un matrimonio alle spalle, da tempo viveva come una specie di eterna bambina reclusa, agli ordini del padre-padrone Jamie, che ne aveva assunto e deteneva una tutela pressoché assoluta.
Ma la prigionia sembra finalmente terminata e somiglia al risveglio da un incantesimo o alla liberazione da un sortilegio. Un incubo durato tredici anni, iniziato nel 2008, quando la cantante accusò un pesante tracollo nervoso, l’ennesimo, e un giudice statunitense decise di affidarla alla sorveglianza del babbo, che in termini tecnici si chiama conservatorship.
Il controllo si è ben presto trasformato in un dominio totale e “abusivo”, come l’ha definito Britney stessa nella drammatica dichiarazione resa al Tribunale di Los Angeles nel giugno scorso: «Rivoglio la mia libertà e il controllo sulla mia vita. Voglio sposarmi e avere un altro figlio.
Mio padre e il suo team, invece, mi impongono anticoncezionali e psicofarmaci che minano le mie energie. Mi impediscono di avere perfino una semplice carta di credito e io non intendo più vivere in condizioni simili». Possedere un patrimonio di sessanta milioni di dollari e non disporre nemmeno di una carta di credito: inaccettabile. Anche se il dramma di Britney Spears, per cui in migliaia hanno protestato in corteo e in più occasioni al grido di “free Britney” (“liberate Britney”), è prima di tutto umano e soltanto ora la popstar sembra vedere una via d’uscita.
Non certo colpito dai toni accorati della figlia, il padre non è voluto passare per l’orco della vicenda, anche se ha fatto di tutto per conservare la custodia della sua “bambina dalle uova d’oro”. Ha detto che avrebbe aperto a un superamento della tutela di Britney, ma per gradi.
Poi ha dovuto in qualche modo accettare la nomina di un nuovo legale da parte della figlia, l’inflessibile Mathew Rosengart. E alla fine ha chiesto due milioni di dollari, una sorta di buonuscita dal ruolo di tutore, a titolo di risarcimento e compenso per il suo impegno profuso in tutti questi anni.
Richiesta respinta al mittente senza tanti complimenti, al punto che finalmente, ed è cronaca di questi giorni, papà Jamie ha dovuto mollare l’osso e accettare di farsi da parte: «Chiedo di lasciare la tutela di mia figlia, di cui ho sempre voluto il maggior bene possibile». Si apre così una nuova fase nell’esistenza di Britney, spalleggiata da milioni di fan.
Ma non sarà affatto facile, perché in qualche modo rischiano di riaffacciarsi i fantasmi di vent’anni fa, quando la cantante muoveva i suoi primi ma gloriosi passi nello show business e non resse lo stress, fra continue crisi di panico e ansie da prestazione.
C’è da dire che ora la Spears è cresciuta, ha un’altra consapevolezza e, soprattutto, un nuovo fidanzato, l’esperto di fitness Sam Asghari, di origini iraniane e di tredici anni più giovane di lei, che le ha appena chiesto di sposarla. La differenza con il rapper e ballerino Kevin Federline, che la portò all’altare, ci fece due figli e la lasciò nell’arco di tre anni (il matrimonio è durato dal 2004 al 2007), appare evidente.
L’anno orribile, come detto, si consumò nel 2008, quando la cantante si asserragliò con un figlio piccolo in bagno, per non cederlo all’ex marito, nel giorno in cui l’uomo aveva il diritto di portarlo con sé. Il crollo psicologico, in quello e nei giorni seguenti, fu tale da costringere Britney a un ricovero.
Fu l’epilogo di abbondanti crisi depressive e di un eccessivo consumo di droghe. Si aprì così l’era del controllo paterno e furono dolori: una squadra asfissiante di psicologi, legali, guardie del corpo e assistenti personali la tennero d’occhio giorno e notte, la guidarono in tutte le scelte personali e professionali, le selezionarono le cose da fare e da non fare, le persone da frequentare e da non frequentare. Nacque il movimento d’opinione pubblica per la liberazione di Britney Spears dalle spire del padre. Fino alla battaglia finale di questi mesi, seguita in tutto il mondo, dall’esito che pare vittorioso. Ora, però, alla stella del pop mondiale non resta che vincere la sfida più difficile: quella con se stessa e con i suoi fantasmi.