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Dove e come vedere Lazio – Juventus
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Stavolta non può nemmeno aggrapparsi ai precedenti. L’ultima volta che Massimiliano Allegri affrontò la Lazio all’Olimpico in Serie A fu nel gennaio 2019: vittoria per 2-1 e gol decisivo di Ronaldo. La penultima, nel marzo del 2018, finì 1-0 per i bianconeri con una magia di Dybala. Oggi Ronaldo ovviamente non c’è, ma anche la Joya è rimasta a casa: Paulo non è stato convocato per il primo incrocio da ex con Maurizio Sarri per un affaticamento al polpaccio rimediato con l’Argentina. Tour de force «Dybala vuole giocare – aveva detto il tecnico in conferenza -. Oggi proverà a fare un allenamento dopo una settimana che è fermo, poi vedremo. Anche se non ha problemi a livello strumentale il polpaccio è pericoloso». Allegri ha scelto la via della prudenza perché il numero 10 è troppo importante per rischiare di perderlo a lungo, soprattutto in un momento così delicato della stagione: da qui alla sosta natalizia (ultimo match il21 dicembre) Madama è attesa da 9 sfide tra campionato e Champions League.
Otto giorni Già la prossima settimana rischia di essere da rischia-tutto: Lazio e Atalanta, due rivali dirette per il quarto posto in 8 giorni, con in mezzo la trasferta di Londra col Chelsea. Allegri però non vuole parlare di partita decisiva: «In questo momento serve solo fare. Siamo indietro in classifica, a quattro punti dal quarto posto e non c’è bisogno di chiacchiere, solo di risultati. Dobbiamo migliorare nella fase offensiva e difensiva ma soprattutto dobbiamo fare passi avanti in classifica. Per fortuna contro il Chelsea giocheremo solo per il primo posto, perché siamo già qualificati».
Idea difesa a tre Allegri arriva al confronto con la Lazio con qualche cerotto econi sudamericani reduci dal fuso e dalla stanchezza per la trasferta con la nazionale. Cosa che potrebbe condizionare le scelte di formazione: ieri durante l’allenamento il più provato è apparso Alex Sandro, che sulla fascia sinistra potrebbe lasciare il posto a Luca Pellegrini. In questo caso Allegri potrebbe optare anche per una vera e propria difesa a tre (non solamente in fase d’impostazione, come abbiamo visto spesso in questa stagione) con Danilo accanto a Bonucci e De Ligt e Cuadrado sulla corsia di destra.
Coppia d’attacco In attacco il tecnico non prevede esperimenti: con Morata, che non segna in A da due mesi (Juventus-Milan del 19 settembre) ma ha ritrovato il gol con la Spagna, e Chiesa schierato come seconda punta. Kean è recuperato ma partirà dalla panchina, Kulusevski finora si è dimostrato poco affidabile per restituirgli una maglia da titolare in una gara importante. «Juve e Lazio si sono divise quasi tutti i trofei degli ultimi dieci anni – dice Allegri -. Sarà una bella sfida tra due squadre che galleggiano in zona quarto posto. Le partite dopo la sosta sono sempre difficili, la Lazio ha giocatori tecnici e dietro si sono sistemati. Sarri è un ottimo allenatore che qui ha fatto un buon lavoro, vincendo uno scudetto. Agli attaccanti chiederò semplicemente di segnare, come sempre. Juve inallenabile? Non l’ho detto io, se è stato Sarri a sostenerlo dovete chiedere a lui. Per me tutte le squadre sono allenabili, in base alle caratteristiche dei giocatori devi scegliere come farlo». L’arte della vittoria Il confronto con il successore, che alla Juve ha fallito nel suo tentativo di far germogliare un’altra idea di calcio, è anche l’occasione per ribadire la filosofia allegriana, che non è contraria all’estetica del pallone ma semplicemente pragmatica: «Il calcio per me è un grande spettacolo, è arte fatta dai giocatori e ciò che ti resta impresso sono le giocate dei campioni. Un allenatore deve dare organizzazione e idee e mettere i suoi uomini nelle condizioni migliori per fare bene. Alla fine però tutto ruota intorno al risultato. Anche a me piace il bel calcio, ma conta solo vincere. E ci sono diversi modi per riuscirci, non uno solo. So che se dico queste cose vengo attaccato, ma è così». Stasera all’Olimpico di sicuro vincere è l’unica cosa che conta, perché la Juventus non può permettersi altri passaggi a vuoto. La Signora di Allegri ha 14 punti in meno rispetto a quella di Sarri e lo stesso distacco dalle attuali prime della classe, Napoli e Milan. Battere la Lazio significherebbe agganciarla e fare un altro passettino verso il quarto posto, occupato attualmente dall’Atalanta. I tre punti dell’Olimpico sono fondamentali per inseguire la Champions.
Allegri e ha optato per la prudenza. Paulo Dybala è rimasto a Torino, non convocato perla partita di questo pomeriggio all’Olimpico contro la Lazio (ore 18), perché nonostante non ci fossero lesioni visibili nella risonanza magnetica, l’infìammazione al soleo (quella sì riscontrabile dalle analisi strumentali) rappresentava un rischio.
Paulo Dybala voleva provarci e giocare contro la Lazio, lo ha precisato Massimiliano Allegri per evitare le solite illazioni sui malanni immaginari deli argentino. Ma il tecnico non ha voluto rischiare: mandare in campo il numero dieci significava fronteggiare la possibilità di uno stiramento o comunque di una lesione più grave. E allora le partite saltate sarebbero molte di più.
Dybala, ora, punta a giocare contro l’Atalanta, allo Stadium, domenica prossima. Niente Chelsea per lui anche perché essendo la Juventus già qualificata agli ottavi, Allegri utilizza a maggior ragione la linea della prudenza.
Giusto? Sbagliato? Se evitare rischi contro il Chelsea è una scelta molto solida e facilmente difendibile, resta più opinabile di non sfruttare uno dei giocatori migliori della squadra in una partita chiave come è Lazio-Juventus. Ma è Allegri che vede e valuta (ovviamente insieme al suo staffe ai medici bianconeri). E Dybala è indubbiamente diventato particolarmente fragile.
L’anno scorso è scomparsi dai radar perdendosi tre mesi di stagione e dodici
partite solo in campionato. Quest’anno sta procedendo a singiozzo e le trasferte in Argentina restano sempre molto pericolose. Vedi quest’ultima pausa: Dybala era andato pieno di buoni propositi, era carico e sembrava essersi preso la Juventus sulle spalle. O, perlomeno, di provarci seriamente, come era emerso in modo sigificativo nelle ultime performance, nelle quali Dybala aveva conquistato una certa leadership tecnica, utilissima, a volte proprio indispensabile, a dare sicurezza alla squadra. E poi?
Poi si è rotto di nuovo. Sul più bello. Stop ed emergenza in attacco, perché quest’anno Allegri non ha mia scelto chi schierare in avanti, ma si è sempre fatto dare una bella mano dal destino.
Il problema è che quella di domani è la sesta partita che Dybala salta dall’inizio della stagione, che domani saranno 17. Più di un terzo delle gare out: per lo più a causa di problemini muscolari.
E un interrogativo fa tremare tifosi, tecnico e dirigenza: sarà sempre così fino alla fine della stagione? Dybala salterà un terzo delle partite? Perché in questo momento è il giocatore più forte della rosa juventina, runico con quelle caratteristiche e con le qualità per rendere più efficace la manovra offensiva bianconera. La prova si è avuta nelle partite precedenti alla convocazione dell’Argentina. Dybala aveva giocato partite brillanti ed era stato apprezzabile anche quando la Juventus si era clamorosamente schiantata contro Sassuolo e Verona (beccando un palo e una traversa, peraltro). Dybala è un fuoriclasse, senza ombra di dubbio. Ma è abbastanza forte? È il capitano del futuro, l’uomo a cui affidare la fascia perché la indossi il più possibile?
L’etichetta di campione fragile è una delle più pericolose e odiose. Appiccicarla sulla schiena del numero dieci juventino sarebbe ingrato e oggettivamente falso, ma è indispensabile un’inversione di tendenza, perché la Juventus ha bisogno, e non poco, di avere il suo giocatore miglio -re in efficienza, soprattutto nei momenti cruciali come lo sarà questo pomeriggio e domenica prossima contro l’Atalanta.
Finora Dybala ha saltato: la partita con il Napoli, con la Roma e il derby in campionato. Quella con il Chelsea e lo Zenit in trasferta. Ed è partito precauzionalmente in panchina contro Sampdoria e contro l’In ter a San Siro (quando entrò e siglò il rigore dell’ 1 -1 ).
Allegri, tuttavia, sembra il più tranquillo. Mantiene la linea della prudenza, non si fa prendere dal panico e preferisce rinunciare a Dybala in due partite piuttosto che in dieci. I conti li farà sulla lunga distanza, tirando le conclusioni a fine stagione. Prima sarebbe prematuro e, conoscendo l’indiscutibile classe di Dybala, si rischierebbe di fare brutta figura.
Nell’anno di un rinnovo da quasi dieci milioni di euro, tuttavia, anche Dybala qualcosa rischia: perché fra le ragioni per chiedere un ingaggio così alto c’è anche l’essere sempre presente quando conta.
All, di certo rispetto al passato Massimiliano Allegri non corre il rischio che qualcuno – in conferenza stampa – gli imputi di non far giocal e la Juventus bene come la squadra di Sarri. Non c’è riuscito manco Sairi stesso medesimo, evidentemente non è cosali tema, però, alla vigilia di Lazio-Juventus stuzzica parecchio. «Sul discorso della squadra inalienabile, dovete chiedere a lui. Io non so cosa abbia detto e perché l’abbia fatto. So solo che Maurizio qui a Torino ha vinto l’ultimo Scudetto: è un ottimo allenatore e ha fatto un buon lavoro. Per quel che mi riguarda, comunque, ogni squadra è alienabile: dipende poi dai giocatori che hai se puoi farlo in un modo oppure in un altro. Rispetto a due anni fa la squadra è cambiata e ci sono tanti giocatori diversi». E ancora, riflettendo sul fatto che comunque i grandi propositi di rivoluzione estetica juventina -passando tra un Sarri e un Pirio – si sono conclusi con il ritorno proprio di Allegri: «Io ingenerale mi riferisco agli scienziati del calcio… Il calcio per me è un grande spettacolo, è arte fatta dai giocatori. Alla fine ci rimangono impresse le giocate dei calciatori. Un allenatore deve dare un’organizzazione di gioco, deve avere idee e deve mettere i giocatori nelle condizioni di esprimere al massimo il loro potenziale. Poi, per carità: il calcio è bello perché è opinabile, ma tutto si riduce come un imbuto… Si parla, parla e poi si riduce tutto alla vittoria o sconfitta. Tutte le chiacchiere, come dico sempre, se le porta via il vento. Potrei stare qui a parlarvi delle partite con l’Empo-li e il Sassuolo, potrei dire che se, se, se… Poi però voi giustamente mi direste che ho perso. Il giudizio per ogni partita, soprattutto secondo gli addetti ai lavori e i media, è sempre rivolto al risultato».
Il riferimento alla Nazionale è calzante: «Prima dell’Europeo tutti pontificavano e non puntavano un euro sulla vittoria della Nazionale. E invece l’Italia ha vinto il torneo. E adesso per un rigore sbagliato da un giocatore, cosa che può capitare, è stata massacrata per una settimana. Io credo che Mancini abbia fatto un grande lavoro, ma ciò che guardano tutti, alla fine, è il risultato. Io lo dico sempre, anche se poi vengo attaccato. Anche a me piace vedere le grandi giocate, ma conta il risultato».
Quello della partita di stasera, di risultato, sarà fondamentale. «Dovremo essere bravi quando abbiamo la palla. La Lazio ha giocatori molto tecnici: Milinkovic Savie è un calciatore che oltre al fisico ha anche tecnica, Pe-dro è un giocatore di livello intemazionale, Luis Alberto anche. Pure dietro, si sono sistemati. Dunque servirà una buona partita dal punto di vista tecnico e servirà una buona difesa senza palla». Insom-ma: serviranno… «poche parole e tanti fatti, poche riflessioni sulla classifica e tanti punti. Siamo indietro in classifica, a quattro lunghezze di distanza dal quarto posto. Dobbiamo recuperare».
In chiusura, una carrellata sui singoli. Si parte dal laziale Immobile: «La sua eventuale assenza? Beh, Sarri ha costruito il Napoli sulla mancanze del centravanti, magari lo farà anche con la Lazio. Dalla prossima domenica, spero…». Poi i suoi: «Ramsey lia avuto un risentimento al flessore. DeSciglio?Ilrecupero sta proseguendo bene, speriamo che dopo il Chelsea possa aggregarsi. Al massimo sarà a disposizione a Salerno. Cosa chiederò a Chiesa? Di fare gol, che è la cosa che gli attaccanti devono fare. Arthur? Sono molto contento di Arthur perché si mette sempre a disposizione».