La pressione dei social media e dei “mi piace”, diventati ormai un’ossessione, l’hanno portata a compiere un gesto tragico. Chloe Davison aveva solo 19 anni, ma si è tolta la vita perché «pensava di non essere a posto a meno che non prendesse likes alle sue foto». Lo ha rivelato sua sorella Jade, di un anno più grande. Lo scorso 20 dicembre i familiari hanno trovato il corpo senza vita di Chloe nella loro casa nella contea di Durham (Inghilterra).
Chloe voleva fare l’infermiera, ha raccontato la sorella maggiore ai media locali, puntando il dito contro i social che secondo lei «hanno giocato un grosso ruolo nella sua morte». «Sono devastata. Non ho nemmeno le parole per descrivere questo dolore. Solo nove settimane fa sono diventata una mamma e Chloe adorava la mia bambina. Era la mia migliore amica e non so cosa farò senza di lei».
Nel tempo Chloe era diventata sempre più dipendente dai social network, sviluppando ansia e un costante bisogno di attenzioni e rassicurazioni virtuali. Al Sun Online, Jade ha specificato: «Chloe era il tipo di persona che quando metteva una foto su Facebook chiedeva a tutta la famiglia di mettere un mi piace. Oppure si sedeva con me e mi chiedeva quale foto pensavo fosse la migliore prima di pubblicarla. Credeva di non valere abbastanza, a meno che non ricevesse tanti likes e commenti. Altrimenti non si sentiva accettata».
Secondo la sorella, i social media hanno influito enormemente sul suo suicidio, perché offrono con troppa facilità a chiunque l’opportunità di scrivere commenti offensivi senza pagarne le conseguenze. «Diverse notti la trovavo in lacrime perché qualcuno le aveva scritto cose orribili. Ma lei non vedeva quello che vedevamo noi di famiglia. Era bellissima sia dentro che fuori.
Ma è una vergogna che la gente si senta felice solo se accettata sui social media, perché è tutto finto. Quando usi queste app, tutto ciò che vedi è la vita perfetta, è tutta una competizione per apparire in un certo modo, quando la realtà è ben diversa». Anche i genitori di Chloe, in particolare la madre 44enne Clair, accusano i social network per la tragedia che ha colpito la loro famiglia. «L’impatto che hanno Snapchat o Facebook, soprattutto sui più giovani, può essere devastante. Hanno bisogno di più aiuto ed educazione su questi mezzi», ha detto Clair al Newcastle Chronicle. A causa della morte della figlia, i Davison hanno deciso di non festeggiare il Natale quest’anno, e pensano che non lo faranno mai più.
Secondo quanto dichiara il quotidiano britannico The Sun, nel Regno Unito viene commesso un suicidio ogni 90 minuti. E colpisce persone di ogni provenienza sociale, dal senzatetto al dottore, dal disoccupato al calciatore e alla celebrità. Il suicidio rappresenta inoltre la principale causa di morte per le persone sotto i 35 anni, più del cancro e degli incidenti stradali. Eppure, denuncia il giornale, è ancora un tabù, se ne parla troppo raramente.