È così breve l’amore, ed è così lungo l’oblio. È stato un attimo, il tempo di qualche mascherata. Ora i cuori non battono più. Le piazze, non si riempiono più. Le “sardine” sono in via d’estinzione. Per i pescetti è tempo di pensare a modi alternativi di occupare le giornate. C’è sempre lo studio, e perché no, il sogno di fare l’Erasmus tra Enna e Udine.
Tina ha terminato malinconicamente il suo viaggio. La mega “sardina” di stoifa che porta il nome della partigiana Tina Costa è stata agitata per qualche settimana da Nord a Sud, ma dopo le prime manifestazioni anti-salviniane in Emilia-Romagna – dove chiamare all’adunata i compagni era facile come Bocca di Rosa – ha iniziato a nuotare in acque sempre più deserte.
Come quelle di Pesaro, dove ieri il caposardina Mattia Santori, accolto da quattro pesciolini e qualche stoccafisso dell’Anpi, ha ammainato la bandiera: «La stagione delle piazze così come l’abbiamo conosciuta a novembre forse finirà e forse è già finita». E però, anche se la fauna ittica sta sparendo, Santori vuole rimanere aggrappato alla scena. Sentitelo: «La mia agenda non è comodissima, quella diConte ancora meno. Se ci sarà un incontro sarà informale».
A farli rimanere al centro della scena del resto ci pensano anche inizative come quella rivelata ieri dal Giornale: a Bologna il liceo artistico Arcengeli organizza un dibattito su “Democrazia e attualità” e invita solo le Sardine, senza contraddittorio, inutili le proteste degli studenti che vorrebbero sentire altre voci.
Ma nelle piazze, dove la partecipazione è libera, la musica è ben diversa. A Squinzano, in provincia di Lecce, in piazza non c’erano neanche 200 persone e Santori, ancora una volta, se n’è tornato a casa col ricciolo moscio. Al solito era stato organizzato tutto solo per protestare contro Salvini, che però a Squinzano in quelle ore ha radunato 2 mila persone. E che dire del buco nell’acqua di Napoli? Anche qui, era martedì, Santori aveva invitato l’esercito di pescetti a scendere in piazza, ufficialmente per sostenere i lavoratori in crisi, in realtà con l’unico scopo di contestare il diavolo leghista che all’ombra del Vesuvio ha catalizzato l’attenzione della gente. Il flash mob delle “sardine” si è addirittura chiuso coi fischi dei centri sociali e di Potere al Popolo.
Santori, spernacchiato tanto da far quasi tenerezza, non ci ha più visto e ha espulso il referente locale, Bruno Martirani, che ora potrà fondare il movimento dei “capitoni”: «Arrivato a casa» ha raccontato Martirani «ho scoperto che i burattini napoletani di Santori e friends mi avevano cancellato dalle chat interne e dalla gestione della pagina e del gruppo Facebook che, tra le varie cose, avevo creato personalmente».
Insomma, un po’ come succede su WhatsApp quando l’amministratore della chat scopre che un amico che fa parte del gruppo, seppur sbronzo, ci ha provato con la sua ex. «Il fallimento di questi eventi calati dall’alto» ha continuato l’epurato campano «dimostra che il rapporto col territorio è fondamentale. È importante che tutti sappiano di fronte a cosa si trovano quando si parla di “sardine”. La partecipazione e la democrazia sono molto lontane da questa storia. Napoli non è Bologna» ha concluso Martirani «il Mezzogiorno non è l’Emilia. Il cambiamento, a maggior ragione dalle nostre parti, non potrà di certo partire da qui».
Pochi giorni prima era stato cacciato anche il referente lucano del movimento, Vincenzo Petrone, che aveva protestato contro il mancato inserimento della Basilicata nella delegazione sardiniana che a Roma (fa male ricordarlo) è stata ricevuta dai ministri Provenzano e Boccia.
Per non parlare dell’epico scontro Santori-Ogongo, l’ormai ex caposardina romano. Mattia Ciappi, fino a poco fa organizzatore delle manifestazioni delle “sardine” a Siena, è passato al Pd.
Salvini continua a riempire le piazze e i pescetti continuano a perdere pezzi. D’altronde, oltre a non dire nulla, non ne azzeccano una. La musica è finita, gli amici se ne vanno…