“Sono assolutamente d’accordo. È utile per il contenimento identificare persone che altrimenti non lo sarebbero e metterle in quarantena“.
Questa la posizione espressa dal professor Massimo Galli, che ha di fatto promosso il modello Veneto annunciato da Luca Zaia: il governatore della Regione ha fatto sapere che il piano è quello di andare alla ricerca di pazienti positivi al Coronavirus ma inconsapevoli di esserlo. Dunque tamponi a campione sui passanti. Nell’intervista rilasciata a La Repubblica, il responsabile di Malattie infettive all’ospedale Sacco di Milano ha parlato anche della Lombardia, che dovrebbe trovare il modo di farli: “O abbiamo un problema con il denominatore, il numero totale dei positivi“.
Se si fanno i tamponi solamente a chi ha sintomi importanti, si seleziona prettamente “la parte più severa dei colpiti, e ci troviamo con una percentuale di letalità tra i ricoverati più alta della Cina, dove è stata del 10-15%“. Dunque, qualora dovesse essere perseguibile, sarebbe meglio il modello Veneto: “È simile a quello della Corea del Sud, che infatti ha avuto l’ 1% di decessi“.
“L’imperativo è arginare”
L’ordinario dell’Università Statale del capoluogo lombardo, in prima linea contro l’emergenza Covid-19, ha confessato di trovarsi in una situazione “in cui l’estensione dell’epidemia è importante. Capiamo che qua e là le persone la malattia ce l’hanno e il punto adesso è arginare, arginare, arginare“. La città di Milano va protetta: questo è il messaggio che fa passare. Un contenimento che deve essere attuato attraverso una serie di misure il cui fine è “evitare il peggio in una zona di grande concentrazione di popolo come l’area metropolitana milanese. Su questo va fatto il massimo sforzo“.
In tutto ciò gli ospedali continuano a essere sotto stress: “Il limite è vicino“. L’ospedale deve prepararsi a crescere ancora, ma la battaglia si vince sul campo e gli ospedali qui sono la retrovia: “Se sul campo di battaglia va male, gli ospedali vengono massacrati“. E il campo di battaglia è “il territorio“. Occorre perciò lavorare tutti insieme verso un unico, importante e complicato obiettivo: evitare il dilagare del problema. Il professor Galli infine ha concluso lanciando un appello ben preciso: “Oltre al distanziamento sociale va trovata una vicinanza assistenziale, per seguire davvero la gente in quarantena. Bisogna sfruttare ad esempio la telemedicina, finalmente“.