Annamaria Franzoni cosa fa adesso?

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Ascolti, mio figlio ha vomitato sangue e non respira. Abito a Cogne. Venga subito… sta malissimo, è tutto insanguinato, ha vomitato tutto il sangue, non respira”. Era una mamma terrorizzata quella che, la mattina del 30 gennaio 2002, chiamò il 118. Annamaria Franzoni non sapeva, o meglio non ricordava, cosa fosse successo al suo bimbo di tre anni, Samuele Lorenzi, nella loro villetta di Montroz, in Valle d#Aosta. Un giallo che ha spaccato il Paese tra innocentisti e colpevolisti, cioè tra chi credeva che le lacrime in tv di Annamaria, allora trentunenne, fossero autentiche e chi ipotizzava fosse tutta una finzione.

Per gli inquirenti, che hanno effettuato indagini a 360 gradi e analisi scientifiche alquanto accurate, è stata lei a uccidere il piccolo Samuele, perché il bimbo non smetteva di piangere. La Franzoni si è sempre proclamata innocente, ma il 21 maggio 2008 è stata condannata in via definitiva a 16 anni di prigione, che ha scontato nel carcere di Bologna, in cui è rimasta fino al 2014. Il Tribunale di Sorveglianza ha poi disposto per lei altri cinque anni ai domiciliari, che la donna ha trascorso nella casa di famiglia di Ripoli Santa Cristina, sull’Appennino bolognese, alternando un lavoro esterno in una cooperativa sociale e le ore con i due figli, Davide e Gioele, quest’ultimo nato dopo il delitto di Samuele. Tra indulto e buona condotta, la Franzoni ha scontato solo 11 dei 16 anni di condanna e, dall’aprile del 2019, è una donna libera.

La famiglia Lorenzi ha messo in vendita la casa dove Annamaria ha scontato i domiciliari e si è trasferita in una villetta sulle colline bolognesi di Monteacuto Vallese, una frazione di San Benedetto Val di Sambro, per iniziare una nuova vita lontana dai ri. «Da un lato sono contenta, dall’altro vorrei trovare la maniera di far capire alla gente che non sono stata io», ripete oggi Annamaria agli amici.

La donna non ha mai accettato la sentenza di condanna e ha rigettato le ipotesi degli psichiatri che le attribuivano un vizio parziale di mente e l!amnesia successiva all!omicidio. Secondo la ricostruzione, quella tragica mattina la mamma di Cogne, con ancora indosso il pigiama e gli zoccoli, colpì con una cieca furia omicida il piccolo Samuele, che non smetteva di piangere. Si accanì con ripetuti colpi alla testa, con un oggetto contundente che non venne mai trovato, e poi si vestì e andò ad accompagnare l!altro bimbo all!autobus che lo avrebbe portato a scuola. Una volta tornata a casa fece la telefonata al 118 sostenendo che uno sconosciuto fosse entrato in casa, e le avesse ucciso il bimbo. Versione che ripete ancora oggi, dopo più di 18 anni.