Che la vita delle star di Hollywood non sia tutta rose e fiori, per molti versi lo sapevamo già. Che alcune di loro, dietro la facciata splendente, nasconda un cumulo di dolori, di frustrazioni, di angosce represse, in una parola di infelicità, possiamo intuirlo. Che qualcuna invece ce le racconti tutte, senza veli, questo sì che è singolare. È la scelta fatta da Demi Moore, nella sua autobiografia Inside out (che in italiano si potrebbe tradurre con “butto fuori tutto quello che ho dentro”, che dopo essere stata un successo clamoroso di vendite negli Stati Uniti, dal 12 maggio è pubblicata anche in italiano da Fabbri Editori.
Se una diva, che qualche anno fa era tra le più pagate di Hollywood si getta così in pasto ai suoi fan e a tutto il pubblico, non lo fa certo per soldi, o per rilanciare la sua carriera dopo qualche anni di relativa oscurità. Più che altro il libro è una sorta di psicoterapia nella quale, come è noto, si deve raccontare senza pudori anche ciò che di solito è inconfessato anche a noi stessi. Lo dice la stessa Moore nell’introduzione: «Ci sono due ragioni del perché ho voluto raccontare questa storia, la storia di come ho imparato a non arrendermi. Primo perché è la mia. Non appartiene ai tabloid o a mia mamma o agli uomini che ho sposato o alle persone che hanno amato o odiato i miei film o nemmeno alle mie figlie. La mia storia è solo mia. Sono l’unica che c’è stata per tutto il tempo, e ho deciso di riprendermi il potere di raccontarla secondi i miei termini.
La seconda ragione è che anche se è mia, forse alcune parti di questa storia sono anche vostre». E la statuaria attrice di Ghost, Proposta indecente, e Striptease non nasconde proprio nulla, a partire dall’infanzia vagabonda in cui si chiamava Demetria Gene Guynes in compagnia di due genitori inadeguati, il padre (o quello che lei chiama papà, ma che non era il padre biologico) alcolista, la madre, Virginia King, depressa che tentò il suicidio quando Demi aveva 11 anni. La diva del cinema ricorda di essere intervenuta lei stessa per salvare sua madre, che aveva ingerito delle pillole che stava per ingoiare. «Mio padre le teneva aperta la bocca e a me diceva cosa fare per toglierle con le mie piccole dita», racconta. «Qualcosa di molto profondo dentro di me è cambiato allora, e non sono mai più tornata indietro. La mia infanzia era finita».
Queste due circostanze segneranno per sempre la vita della futura diva. E poi l’episodio più drammatico dell’adolescenza, la violenza subita a 15 anni da un amico di famiglia che le riferì, crudelmente, di averla “comprata” da sua madre. Per passare poi il resto della sua vita a domandarsi se quell’affermazione fosse vera oppure no, se davvero la madre l’avesse tradita per pochi spiccioli: «Penso, nel profondo del mio cuore, di no. Non credo che sia stata una transazione così semplice. Ma comunque gli ha dato il via libera e mi ha messo in pericolo». Demi fugge praticamente da casa a 16 anni, si sposa a 18 anni con un musicista, Freddy Moore, di cui si tiene il cognome, ma che tradisce spesso e volentieri. L’attrice abusa di alcol come il padre, ma le luci di Hollywood fanno scomparire per qualche tempo le ombre.
Anche perché incontra il grande amore della sua vita, Bruce Willis, di cui Demi racconta compiaciuta il primo incontro e le attenzioni con cui lui l’ha conquistata: «Nessuno mi aveva mai trattata in quel modo. Bruce era molto galante; un vero gentiluomo, in quella sua maniera turbolenta. Quando dissi che sarei tornata a casa, si offrì di accompagnarmi alla macchina. Era così impaziente, che sembrava un ragazzino preoccupato di mancare il carretto dei gelati. Mi chiese il numero di telefono e sentii le farfalle nello stomaco, come una ragazzina. “Hai una penna?”. Controllò nelle tasche: niente da fare. “Non andartene!” mi disse, e schizzò via a cercarne una.
Poi se lo appuntò sul braccio: un’immagine che avrei visto un milione di volte negli anni seguenti; Bruce si scriveva sempre le cose sul braccio. Ma quella volta gli tremavano le mani. Si era completamente esposto, della sua spavalderia non c’era più alcuna traccia». I due si sposano nel 1987, nascono tre figlie, ma il rapporto si incrina, anche per motivi professionali. Non è facile per due star non farsi concorrenza. Lui vorrebbe che lavorasse di meno, che si occupasse di più delle bambine, lei invece strappa contatti miliardari, ma nell’ambiente la chiamano antipaticamente “gimme Moore”, che in inglese suona uguale alla frase “Dammi di più”.
Nel 2000 arriva la separazione e poi il terzo matrimonio con Ashton Kutcher, un uomo molto più giovane, Ed è qui che l’equilibrio di Demi si infrange. Perde al sesto mese di gravidanza il bimbo che aspetta, e dopo vent’anni torna schiava dell’alcol oltre che di un medicinale, un potente oppiaceo. Una spirale che porta alla rottura con Kutcher, anche a causa dei continui tradimenti di lui, all’inaridirsi della sua carriera e all’allentamento dei legami anche con Willis, che le era rimasto amico, e con le tre figlie. E qui arriva il momento più drammatico del racconto: Demi, come sua madre tanti anni prima, ha il pensiero ossessivo del suicidio: «Continuava a balenarmi in mente la stessa domanda: “Come sono arrivata a questo punto?”. Nella casa vuota dove ero stata sposata, la casa che avevamo ampliato perché avevo più figlie che camere da letto, ero rimasta completamente sola.
Avevo quasi cinquant’anni. Quello che pensavo fosse l’amore della mia vita, mio marito, mi aveva tradita per poi decidere che non aveva voglia di impegnarsi per ricostruire il nostro matrimonio. Le mie figlie non mi rivolgevano la parola: niente telefonate per il mio compleanno, niente auguri di Natale. Niente di niente. E il padre delle mie figlie, un amico sul quale per anni avevo potuto contare, era sparito dalla mia vita. La carriera costruita faticosamente da quando me n’ero andata da casa di mia madre a sedici anni era in stallo, o forse era finita per sempre. Tutto ciò a cui tenevo mi aveva abbandonata, compresa la salute.
Soffrivo di mal di testa lancinanti e perdevo peso a un ritmo pauroso. Il mio aspetto esteriore era l’immagine esatta di come mi sentivo dentro: distrutta. “È vita questa?” mi chiedevo. “Perché in tal caso, ho chiuso. Non so che cosa ci faccio qui”». È il punto più basso della parola dell’attrice, che poi riesce a riprendersi, dopo una lunga cura disintossicante, e dopo aver recuperato il rapporto con le figlie e con Willis, insieme a cui ha persino trascorso la recente quarantena. Oggi Demi Moore è anche produttrice, regista e attivista, ha contribuito a fondare Thorn, organizzazione no profit che si occupa di creare sistemi tecnologici per prevenire gli abusi sui bambini, Nonostante tutte le traversie è ancora splendida, al punto che lo scorso anno ha voluto posare nuda su Harper’s Bazaar. Anche sul lavoro ha ritrovato qualche parte interessante. E ora che, grazie al suo libro, la conosciamo meglio, sarà ancora più piacevole rivederla sullo schermo, sapendo quali tumulti e quante sofferenze nasconde la sua bellezza superba.