Non so, cara Camilla, quando hai deciso di fare il medico. E per la verità non so nemmeno ancora se davvero lo farai». Si apre così Sciacalli. Virus, salute e soldi: chi si arricchisce sulla nostra pelle, il libro di Mario Giordano uscito il 5 maggio scorso dedicato alla sua ultima figlia. «Ho iniziato a scriverlo un anno e mezzo fa. È il mio diciottesimo libro di inchiesta: ho fatto inchieste sul mondo delle pensioni, sulle autostrade prima che crollasse il ponte di Genova, ho fatto inchieste sulle truffe nell’ambito dell’accoglienza e ogni anno scelgo un tema diverso.
Confrontandomi con la mia editor le ho detto che secondo me quello che mancava era un’inchiesta sul tema della sanità: già un anno e mezzo fa sostenevo che sarebbe diventato fondamentale il rapporto tra salute e soldi». E mai come in questo momento la tematica è attuale. Giordano, così come in Tv, è un fiume in piena: «Questa situazione che abbiamo vissuto e che stiamo ancora vivendo ha messo in luce alcuni aspetti che la mia inchiesta denuncia: ci siamo interrogati sui posti nelle terapie intensive, quanti soldi sono stati sottratti alla sanità: 37 miliardi. Forse bisognava investire di più e soprattutto fare in modo che gli investimenti fossero spesi in modo migliore, ovvero che non ci venissero fatti gli sprechi che nel libro denuncio.
Penso ai consulenti pagati fino a mille euro al giorno nella sanità calabrese, che invece perde i pezzi». Per non parlare della spesa per i farmaci, che è uno degli argomenti principali della sua inchiesta. «Lì vado a mettere il dito in uno degli aspetti che sarà sempre più rilevante: i farmaci sono essenziali ma è altrettanto essenziale che la spesa per i farmaci sia equa. In passato abbiamo buttato un sacco di soldi e i meccanismi attraverso i quali abbiamo buttato questi soldi sono poco conosciuti ma molto interessanti da sapere, soprattutto perché in queste settimane ci siamo resi conto che è da questo che dipende la nostra vita, in un senso molto concreto.
Basti pensare che cambiando una procedura d’acquisto lo stesso farmaco arriva a costare il 99 per cento in meno. Oppure, al contrario, ci sono farmaci essenziali che aumentano del 1540 per cento semplicemente perché è cambiata la proprietà dell’azienda. Il farmaco è lo stesso, le modalità di produzione le stesse. I meccanismi con cui vengono acquistati i farmaci, tra l’altro, sono spesso oscuri». Oggi però tutti abbiamo preso atto del fatto che il settore della sanità è fondamentale. «Quella italiana è e resta un’eccellenza, però è stata messa in ginocchio da tagli e sprechi. Nel periodo 2009-2017 la spesa pubblica per la sanità in Italia è aumentata meno che in tutti gli altri Paesi Ocse (ad eccezione di Portogallo, Lussemburgo e Grecia). Quante volte i medici ci hanno chiesto di smettere di chiamarli eroi? Loro hanno bisogno di essere sostenuti in modo pratico.
Dunque spero che la situazione che stiamo vivendo porti un’inversione di tendenza. Io ho scritto questo libro proprio perché si parlava poco di sanità, e i meccanismi che racconto sembravano poco importanti. Pensiamo a quanto abbiamo discusso di pensioni, e l’ho fatto anch’io, e a quanto poco invece abbiamo parlato di sanità: di giornalisti che se ne occupano ce ne sono pochissimi ma questa situazione ci costringe, finalmente, a capire, quanto è importante il tema». Ultimamente in Tv si vedono più medici che politici, anche da lei a Fuori dal coro, su Rete 4. Ed è comunque importante dare visibilità al loro lavoro “dietro le quinte”. «Non sapevo nemmeno che esistessero tanti virologi.
Da un certo punto di vista è inevitabile affidarsi agli esperti, perché del coronavirus sappiamo ancora poco. Tante volte è stata accusata la Tv di far parlare persone che non conoscevano la materia dunque credo che oggi sia sbagliato accusare le trasmissioni di far parlare gli esperti su un tema che interessa tutti. Quando parla Massimo Galli, direttore del reparto malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano, io sono contento: ha il dono della chiarezza e della sintesi. È vero però che nelle ultime settimane molti di loro hanno detto tutto e il contrario di tutto: quindi le loro tesi devono essere mediate sempre dalla nostra intelligenza e soprattutto dalla politica».
Come sta affrontando il momento particolare che stiamo vivendo da un punto di vista professionale? «Il coronavirus ha chiesto a tutti noi che lavoriamo in Tv dei cambiamenti: dall’assenza di pubblico in studio ai collegamenti con Skype che spesso saltano, fino alla difficoltà di mandare gli inviati a fare i servizi. Ma noi siamo dei privilegiati a poter continuare a lavorare e per chi fa questo mestiere avere la possibilità di raccontare questo momento, rispetto alle difficoltà che sta affrontando il Paese, dai piccoli imprenditori alle famiglie, è decisamente importante. E trovo fuori luogo parlare delle difficoltà della Tv, proprio per rispetto nei confronti di chi sta affrontando problemi pratici di difficile soluzione nell’immediato».
Lei ha sempre fatto una Tv sopra le righe e nelle ultime settimane l’ospitata di Vittorio Feltri che in trasmissione ha fatto delle considerazioni forti sui meridionali ha portato l’Agcom ad avviare un procedimento sanzionatorio contro Fuori dal coro. Come l’ha vissuta? «Feltri intendeva dire un’altra cosa e l’ha spiegato lui. Intendeva parlare delle differenze economiche. Per come sono state interpretate le sue parole, ovvero che i meridionali sono inferiori, quella frase è risultata offensiva e questo è indiscutibile. Per questo ho chiesto scusa. Durante la trasmissione non avevo percepito che potesse risultare offensiva perché conosco Feltri e so cosa intendeva.
Nessuna persona può pensare che io, o qualsiasi persona che lavora con me, credo e crediamo che esistono persone inferiori o persone superiori. Se qualcuno pensa di addebitarmi qualcosa del genere per una frase uscita male da un’altra persona mi sembra folle. Dico anche che io so di fare una Tv urlata, sopra le righe come dice lei, perché penso che di fronte a situazioni come questa che stiamo vivendo ci voglia. Io penso che alzando la voce si ottengono dei risultati, e quindi rivendico tutto». Il pubblico dei social network non le risparmia critiche: le patisce o se ne infischia? «Chi fa il mio mestiere deve accettarle.
La cosa peggiore è passare inosservati. Quando si hanno ascolti elevati, come abbiamo noi, ben venga ricevere qualche critica. Io ci tengo solo a dire che sono fiero di fare questo tipo di Tv: a Fuori dal coro non ci sono scontri tra politici, come accade in tutti i talk show. Non mi piacciono gli opinionisti che si parlano addosso. Ogni tanto sono io che vado in altri programmi, ma ho scelto di farne uno diverso. Può piacere o meno, può essere criticato, per carità. Ma rivendico che dietro quelle urla c’è tanta sostanza e chi si ferma alle urla, perché magari ha visto sui social lo spezzone di Mario Giordano che si avvicina alla telecamere, dovrebbe guardare i servizi che ci sono dietro, i casi sollevati, quelli risolti, le inchieste.
Potrei fare un elenco infinito». I suoi figli cosa dicono quando la vedono in Tv? Le piacerebbe se qualcuno di loro seguisse le sue orme professionali? «Loro mi sostengono e mi difendono per fortuna. Ma non credo proprio che faranno i giornalisti. La prima, Alice, si è già laureata e sta facendo il dottorato di ricerca in Filosofia. Il secondo, Lorenzo, si è laureato in Lettere proprio durante il lockdown, ma già fa un po’ di lavori nelle produzioni Tv, come tecnico di post produzione. Il suo sogno è quello di lavorare dietro la macchina da presa e seguirà la sua strada, che è indipendente dalla mia. Lo stesso vale per le altre due: Sara è iscritta al primo anno di Università e la più piccola, Camilla, ha sempre detto che vuole diventare medico. Oggi fa la prima liceo classico e mi auguro che riesca a realizzare il suo sogno».