Nascere con la camicia di seta, in una culla con lo stemma reale, sistemata nella nursery di un palazzo da fiaba non ti rende immune da dolori, avversità e lotte contro il destino, a volte, spaventosamente crudele. Ne sa qualcosa il principe William (ma anche il fratello minore, il principe Harry), che ha perso la madre Diana Spencer a 15 anni.
William è da anni un ardente sostenitore della salute mentale, patrocina charity e associazioni, e, mai come negli ultimi anni, sembra aver desiderio di aprire il suo cuore ogni volta che può a confessioni che lasciano di stucco: primo, perché è inglese, e i britannici, si sa, si lasciano andare poco; e secondo perché è il futuro re e i Windsor, da oltre un secolo, hanno fatto proprio il motto di Benjamin Di-sraeli: “Never complain, never explain” (mai lamentarsi, mai giustificarsi).
Qualche sera fa la Bbc ha mandato in onda un documentario sul calcio e sui calciatori, sulle loro pene, spesso causate da infanzie difficili, lese da lutti o da privazioni. Il docufilm si intitola Football, Prince William and Our Mental Health e si concentra sulla fragilità, tutta maschile, dei campioni di calcio. William è il presidente della Lega inglese ed è anche tifosissimo dell’Aston Villa; per questo ha voluto partecipare confrontandosi con alcuni giocatori e mettendosi a nudo come mai aveva fatto prima.
«Voglio dire… Avere figli è il momento che ti cambia davvero la vita, è molto… Penso che quando hai vissuto qualcosa di traumatico nella vita… Tuo padre (il principe Carlo, ndr) non è a casa, mia madre morta quando ero ragazzino… Le tue emozioni ti tornano indietro, come un missile. Perché è una fase nuova della tua vita e non c’è nessuno che possa aiutarti. A volte, l’ho trovato decisamente… molto travolgente».
Nessun copione sotto agli occhi da leggere, nessuno discorso scritto da qualche burocrate di Corte, ma la confessione un po’ sgrammaticata di un uomo di quasi 40 anni, nato per diventare re, che si è trovato in mezzo alla tempesta come un comune mortale.
«Penso che emotivamente (quando diventi padre, ndr) le cose vengano fuori dal nulla, cose che non ti aspetteresti mai o che forse pensavi di aver affrontato. E uno dei momenti più sorprendenti della vita, ma è anche uno dei più spaventosi».
Parrebbero le parole di Harry, invece sono di William, che ci siamo abituati a vedere sempre controllato, posato, calibrato in ogni manifestazione pubblica.
No, nemmeno per lui è stato facile perdere la madre in quel modo e vedere il padre sempre lontano da casa a causa degli impegni ufficiali. E il motivo per cui il suo legame con il fratello, dopo la scomparsa di Lady Diana, era diventato strettissimo. Fino all’università i due fratelli sono andati alle stesse scuole, compresa Eton, sono usciti con gli stessi amici, sono andati alle stesse feste, se la spassavano nei medesimi club. Visti certi comportamenti sopra le righe, per anni si è sempre stati convinti che fosse solo Harry fiamma in pena e che il più grande dei due avesse superato lo shock con maggiore facilità. E invece anche William ha dovuto fronteggiare i suoi demoni. La rabbia, soprattutto, per la perdita della madre e per le responsabilità del padre. A Palazzo tutti hanno sentito per anni da dietro le porte le urla di William contro il principe Carlo, reo di aver fatto soffrire Diana e di averla lasciata sola, in balia della vendetta dei Windsor.
Ma non pago del fiume di parole sui dolori e sulle gioie della paternità, il duca di Cambridge ha anche ammesso, durante il documentario, di aver sofferto per anni di ansia. E di averla affrontata, presentandosi agli appuntamenti senza lenti a contatto. «Certi giorni, specialmente certi discorsi, mi provocavano ansia. La mia vista ha iniziato a ridursi negli anni, ma non indossavo le lenti a contatto durante gli impegni ufficiali, quindi mentre tenevo un discorso ufficiale nom potevo vedere nessuno nella stanza. E questo aiuta davvero
con la mia ansia».
Accanto a lui, in questo lungo viaggio verso la guarigione, ha però trovato la donna della sua vita, Kate Middleton, che gli è accanto da 19 anni e che, tra alti e bassi (da fidanzati lui l’ha lasciata due volte e prima di decidersi a sposarla ha aspettato 8 anni), lo ha sempre appoggiato. «Io e Catherine, in particolare, ci sosteniamo a vicenda e attraversiamo quei momenti (di sofferenza, ndr) insieme. In un certo senso evolviamo e impariamo insieme», rivela nel documentario. L’amore aiuta sempre.