Nell’autunno della ripartenza e delle dita incrociate, e mentre aspettiamo che le sperimentazioni in corso sul vaccino anti- covid vadano a buon fine, abbiamo capito una cosa: il vaccino anti-influenzale, quest’anno, non ci proteggerà solo dall’influenza.
O almeno questa è l’opinione della maggior parte di virologi e immunologi, oltre che dell’entourage del ministro della Salute Roberto Speranza, che suggerisce a tutti gli italiani, a partire dai bebè dai sei mesi in su, di sottoporsi al vaccino contro i mali di stagione.
«Sì, quest’anno è importante vaccinarsi, soprattutto per i ragazzi che vanno a scuola e per gli anziani», conferma la professoressa Maria Rescigno, capo del Laboratorio di immunologia delle mucose e microbiota della flora intestinale dell’Humanitas di Milano. «Intanto consente di distinguere il più possibile i sintomi di una banale influenza da quelli del covid, perché se una persona si vaccina e poi ha la febbre, probabilmente non si tratterà di influenza: il che aiuta a semplificare la diagnosi e allo stesso tempo a evitare di intasare inutilmente il Pronto Soccorso».
Ma non è l’unica ragione, aggiunge la professoressa. «Non esistono ancora studi attendibili, ma si è ipotizzato che la concomitanza di un’altra infezione, anche di un banale raffreddore, possa peggiorare gli effetti del covid, senza contare che certamente un sistema immunitario indebolito anche da un normale virus di stagione ci espone maggiormente al contagio».
Quanto alla possibilità che vaccinarsi “alleni” il nostro sistema immunitario a difendersi più facilmente da infezioni diverse, meglio non farsi troppe illusioni, avverte Rescigno. «Questo è un tema in discussione, ma più che per l’antinfluenzale per altre tipologie di vaccini, a partire da quello contro la tubercolosi, che sembrerebbe dare una protezione nei confronti della febbre gialla, per esempio, per cui ci si chiede se possa avere un effetto simile con il covid. Ma al momento non ci sono dati che dimostrino questa correlazione».
Qualche ipotesi in più in letteratura scientifica si trova sul tema riguardo al vaccino contro lo pneumococco, dice la professoressa. «Di solito è raccomandato agli anziani, perché questo batterio può provocare forme gravi di polmonite oltre che di meningite, dunque quest’anno è fortemente consigliato agli over 60. Non a tutta la popolazione, perché non servirebbe, ma anche perché c’è un tema di disponibilità che non consentirebbe comunque di arrivare a una copertura totale».
Un problema quello della disponibilità delle dosi che riguarda ovviamente anche il vaccino contro l’influenza: perché pure se le aziende hanno anticipato i tempi e aumentato la produzione, è verosimile che a volersi vaccinare saranno molte, moltissime persone in più rispetto agli undici milioni che l’hanno fatto l’anno scorso. È vero che le dosi che andranno al Servizio sanitario nazionale sono diciotto milioni, ben sei in più rispetto alla scorsa stagione, ma i farmacisti temono di non poter far fronte alla domanda dei privati poiché a loro è destinato un approvvigionamento totale di 250 mila dosi. Troppo poche per Federfarma e Assofarm, che ne chiedono 1,2-1,5 milioni, visto che l’anno scorso le vendite di vaccini anti-inluenzali sono arrivate a 800 mila.
Ma, è l’obiezione, quest’anno la platea dei soggetti dichiarati a rischio è molto più estesa e per contro diminuirà il numero delle persone che decidono di acquistare il vaccino privatamente. Ad aver diritto a essere vaccinato gratuitamente, infatti, è chi ha più di 60 anni (e non più gli over 65), le persone affette da specifiche patologie, chi lavora in servizi considerati essenziali come la sanità e i bambini dai sei mesi ai sei anni, se la regione di residenza raccoglierà l’invito del ministro della Salute.
A somministrarlo saranno come ogni anno i medici di base, ma anche le Asl e, in alcune regioni, i pediatri, previa prenotazione per evitare assembramenti: per questo l’Ats di Milano sta cercando spazi temporanei e pensando a strutture mobili da mettere a disposizione della campagna vaccinale. Quando? Probabilmente a metà ottobre. «Si spera il prima possibile», commenta la professoressa Rescigno. «Le campagne vaccinali di solito cominciano a fine ottobre e durano tutto novembre, perché poi iniziano le prime influenze e non sarebbe saggio vaccinarsi nel momento in cui uno, non sapendolo, potrebbe aver preso il virus ed essere quindi debilitato. Ma il 2020 fa storia a sé, bisogna allargare la forbice per riuscire a vaccinare più persone possibile». Incluso chi non appartiene alle categorie protette, se lo desidera: in questo caso il vaccino si dovrà acquistare in farmacia, dove dovrebbe costare tra i 14 e i 25 euro a seconda della marca. «Somministrarlo è estremamente semplice», precisa l’immunologa. «Chiunque sia in grado di fare un’iniezione intradermica lo può fare». Sperando che sia disponibile per tutti.