Dove e come guardare la partita, diretta tv e live streaming
Atalanta Inter sarà trasmessa questa sera a partire dalle ore 15.00. Tutti gli appassionati potranno guardare il match sui canali Sky e più nello specifico a Sky sport Serie A dal canale 202 del satellite e Sky Sport dal canale 251. Come sempre la partita si potrà anche guardare in streaming gratis, ovviamente per tutti gli abbonati al servizio. Questi dovranno utilizzare l’applicazione Sky Go che dà la possibilità di guardare tutto il calcio di Serie A attraverso i dispositivi mobili. In alternativa si potrà anche guardare Atalanta Inter attraverso i canali Now TV. Quest’ultimo è il servizio Sky che da la possibilità di poter acquistare l’evento prescelto oppure di sottoscrivere un abbonamento.
Sul bugiardino, in realtà, non è fissato un limite esatto della dose: più se ne prende e meglio è. Però è il momento di iniziare la cura. Il farmaco è unico, vale per tutte le squadre e un po’ di più per l’Inter di Antonio Conte, adesso. Vincere, non c’è medicina anti-stress più adeguata. Per cancellare quella serie antipatica che racconta di una sola vittoria nelle ultime sette partite. E, nello specifico, di un’Inter alla quale il successo è mancato – risultati alla mano – fin qui soprattutto nei grandi appuntamenti: Lazio, derby e Champions League. E l’Atalanta, oggi, vale uno scontro diretto, vale un match che ormai è quasi diventata una classica, dell’alta classifica.
Cercasi vittoria anti-stress. Anche per un Conte che «preoccupato di cosa? Facciamo il nostro percorso, se meriteremo la classifica migliorerà, altrimenti resterà bassa», ha detto in presentazione della partita. Non è un periodo fortunato, per l’allenatore. L’umore ieri era pessimo, in conferenza stampa si è anche notato. E c’è da capirlo: ieri mattina, solo mezzora prima dell’allenamento, ha saputo della positività di Padelli e soprattutto della «ricaduta» Covid di Gagliardini e Radu, di cui parliamo nel pezzo qui sotto. Difficoltà logistiche imprevedibili e infinite, dall’ultima sosta fino ad oggi. «Per attuare delle strategie devi avere i giocatori a disposizione», ha spiegato pure. Come a dire: gli alibi non mancano, sono consistenti e raccontano abbastanza di questa Inter.
Non tutto, certo. In fondo l’ha detto lo stesso allenatore: «Manca poco per il salto? Però quel poco è determinante e va annullato, vuol dire che non ci siamo ancora». E l’antipatica tendenza è venuta fuori proprio a cavallo dell’ultima sosta per le nazionali: pareggio con grandi rimpianti con la Lazio, sconfitta con recriminazioni nel derby, zero vittorie e tante maledizioni nelle tre sfide che hanno complicato il cammino in Champions. Se c’è un problema con i match a cinque stelle, l’Atalanta oggi pomeriggio è l’occasione giusta per dimostrare il contrario. «Dovremo fare una grande partita per uscire indenni», ancora Conte. Lui che un anno fa trovò subito la ricetta giusta per l’equilibrio, a inzio stagione. E invece quest’anno balla tra una squadra che crea più occasioni di tutte le altre, ma pure che subisce un numero esagerato di reti (10, l’anno scorso per arrivare in doppia cifre furono “necessarie” quattro partite in più).
Non tutto è come l’aveva pensato, l’allenatore. O come l’avrebbe voluto certo, quando in sede di mercato aveva sottolineato alcune carenze specifiche della rosa. Almeno per oggi, però, Conte ritrova l’attacco quasi al completo: Lukaku c’è e va in panchina, buono per essere sganciato a gara in corso in caso di necessità. E Sanchez torna dal primo minuto vicino a Lautaro: se una scorciatoia esiste, per inseguire la vittoria, ritrovare chi del gol fa il suo mestiere può rivelarsi cosa buona e giusta. E magari una spinta può arrivare pure da un precedente. Stagione 2016-17, quella del trionfo in Premier League con il Chelsea. Dopo sei giornate – le stesse giocate in questa Serie A – Conte aveva 10 punti in classifica, uno in meno degli attuali con l’Inter. Dal settimo turno – e da una trasferta – il tecnico infilò una serie di 13 vittorie consecutive, prendendo il largo in vetta alla classifica. Chissà se è anche per questo che il tecnico ieri non si è detto preoccupato. Ma poi conta il risultato, ogni altro ragionamento rischia di diventare accessorio. E lo sa anche Conte.
rano già arrivati ad Appiano per l’allenamento, la notizia ha colto di sorpresa anche loro. Non solo
Daniele Padelli, positivo al Covid, asintomatico e in isolamento. I tamponi effettuati venerdì ieri mattina hanno fatto registrare la nuova positività del centrocampista Gagliardini e del portiere Radu, già colpiti esattamente dal virus un mese fa. Si tratta, con ogni probabilità, di un residuo della vecchia positività registrata dall’esame del club nerazzurro, passaggio che di fatto li blocca (fino a nuova negatività) in Serie A. Il protocollo Figc, infatti, a differenza di quello Uefa prevede che anche i vecchi positivi debbano essere sottoposti costantemente ai tamponi. Di qui lo stop in vista di Bergamo, che ha innervosito non poco Conte e demoralizzato i due calciatori. Tra l’altro, c’è da dire come Gagliardini avrebbe con ogni probabilità giocato dal primo minuto al posto di Brozovic, vicino a Barella e Vidal. Dunque, piani cambiati per Conte. Per i due giocatori ieri ad Appiano è scattato subito l’isolamento ed è stato effettuato un nuovo esame: qualora stamattina risultassero negativi, entrambi raggiungerebbero subito Bergamo per andare in panchina (nella quale, almeno fino a ieri sera, il secondo portiere era Stankovic junior).
Uomini contati allora per i nerazzurri, soprattutto in difesa: a Bergamo non sono andati né Ranocchia (faringite e qualche linea di febbre, ma il tampone ha dato esito negativo) né Kola-rov (affaticamento). C’è anche unpo’ di logica apprensione per l’esito dei tamponi di tutto il gruppo squadra, ripetuti «causa» Padelli: gli esiti arriveranno solamente oggi prima del match. In tutto questo, le scelte di Conte: panchina per Hakimi e dentro Darmian in fascia destra. Tornano Skriniar (al de butto post Covid) e in avanti dal primo minuto Sanchez. Lukaku partirà dalla panchina. E poi andrà in nazionale: l’Inter, in contatto con la federazione belga, si aspetta un impiego contenuto. Chiusura su Sensi e Veci-no: il primo, citato ieri da Conte, è atteso al rientro subito dopo la sosta. Tempi più lunghi per Ve-cino: rientro a pieno regime solo a metà dicembre.
Milano, sponda Inter, e Bergamo (che nell’accezione calcistica locale non ha bisogno di aggettivazioni: monocoltura atalantina) non rappresentano luoghi banali tanto per Gian Pieni Gasperini quanto per Antonio Conte* Il nerazzurro meneghino rimanda alla più cocente delusione professionale per Gasperini; nel 2011 schiacciato dal peso dell’eredità di Mourinho e da mille altre dinamiche (il calcio, oltre agli stipendi, ha di ottimo che garantisce mille alibi e possibilità di revisione a chiunque: responsabilità labilissime e comunque sempre diffuse) che ne determinarono all’esonero dopo appena cinque giornate.
Conte, invece, conobbe sulla panchina dell’Atalanta l’ultimo fallimento della propria carriera di allenatore prima di intraprendere la strada che, ripartendo da Siena, l’avrebbe portato ai vertici internazionali. Nel gennaio del 2010, quando l’Atalanta fu sconfitta in casa dal Napoli si consumò la fragorosa rottura tra il tecnico e il pubblico sia durante la partita (memorabile il gesto per zittire gli affatto morbidi tifosi bergamaschi), sia dopo la gara quando esplose la contestazione (senza esclusione di sporadici contatti fisici tra il tecnico e gli ultas) mentre i lampeggianti della polizia saettavano nella bruma della notte bergamasca.
Il fatto che chi scrive abbia raccontato da cronista sia la rottura bergamasca di Conte sia la notte novarese che portò all’esonero di uno stralunato Gasperini è ima coincidenza che permette di confermare direttamente, e non per i mille sentito dire di questo ambiente, come quello di oggi sia un appuntamento denso di significati che travalicano la stretta attualità che, già di suo, offre comunque punti di vista molto interessanti, Perché tanto l’Atalanta quanto l’ìnter arrivano a questo appuntamento in condizioni tutt’altro che ottimali, con una spinta emotiva decisamente de potenziata dopo la settimana europea che ha portato in dote la fragorosa sconfitta interna dei bergamaschi (lo 0-5 con il Liverpool) e il bruciante ko di Madrid per l’ìnter.
Ecco, se la storia ha un senso, quello che deve preoccuparsi maggiormente è Antonio Conte perché giusto due anni fa (era 1’11 novembre del 2018)l’Inter di Luciano Spalletti perdette (4-1: Hateboer, leardi, Mancini, Djimsiti e Goniez i marcatori: unica vittoria dei bergamaschi nelle ultime sette sfide di campionato contro l’ìnter ; a Bergamo proprio dopo una gaia di Champions che aveva lasciato in eredità il pareggio per 1-1 contro il Barcellona Erano, quelli, i prodromi dell’Atalanta che Gasperini avrebbe elevato a “stupor mundi” del calcio europeo e che, in questa fase, manifesta innegabili segni di rallentamento nel ritmo, nell’aggressività e – in definitiva – nell’efficacia.
Tanto è vero che lo stesso tecnico dei bergamaschi ha evidenziato, dopo il ko contro il Liverpool, la necessità di cambiamenti “pesanti” nel gioco e nella gestione al punto che qualche osservatore si è spinto a chiedersi se la squadra riesca a seguirne ancorala filosofia o se sia ormai logorata nella mente più che nel fisico* A Bergamo aspettano da sempre la sfida contro lìnter – al pari di quella con la Juventus – come uno degli appuntamenti fondamentali della stagione e ancora si tramanda il successo per 3-1 che la squadra allora guidata da Deineri ottenne contro la corazzata di Mourinho. Insomma: uno degli appuntamenti perfetti da cui riprendere il cammino.
E lo stesso Conte non può pensare che questa sia una partita come un’altra e non solo perché se guidi una squadra come l’Inter non So sono mai, quanto perché gli ultimi risultati messi in fila dai nerazzurri – i pareggi con Dortmund e Parma e la sconfitta a Madrid – raccontano qualcosa molto simile a una “crisetta” anche per una squadra che, come da narrazione aziendale imposta, deve “compiere un percorso’7 senza essere gravata da obblighi di vittoria. Le giustificazioni indotte da assenze, da sviste arbitrali e da errori individuali non sono certo capziose, ma valutandone gli atteggiamenti dentro e fuori dal campo è inevitabile chiedersi, al di là delle contingenze, se e quanto l’ex et azzurro si sia sentito ingabbiato dalla ventata di “normalizzazione” – reale o di facciata che sia – che ha soffiato dentro le stanze del potere nerazzurro alla fine della scorsa stagione
La sensazione, in ogni caso, è che ben difficilmente dopo la gara di oggi assisteremo allo sfogo con cui Conte, dopo la vittoria a Bergamo (posto mai banale, appunto), dell’agosto scorso accusò l’ambiente interista con parole di fuoco e per nulla equivocabili: «Non mi piace che qualcuno sia salito sul carro solo oggi, bisogna esserci sempre: la cacca l’abbiamo presa sempre solo io e la squadra. Spalletti lo denunciava già nel 2017 e io non voglio fare il parafulmine anche Tanno prossimo»* Che è quest’anno. Quello in cui la sua Inter prosegue un percorso di crescita” che deve fare i conti con le ventate interne e, pure, con le bufere esterne come quella innescata dal Covid: «Una situazione non semplice per nessuno, ma la dobbiamo affrontare. Spesso qualcuno se ne dimentica ma al di là dell’aspetto sportivo c’è quello umano che viene tralasciato in favore di altre cose, ma non è semplice per chi deve gestire queste situazioni». Ma questa è un’altra Storia-Dentro la storia, mai banale, che è da sempre la sfida tra Atalanta e Inter.