Streaming Web Milan – Celtic diretta live tv Gratis Sky o Dzan: dove e come vedere

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L’allenatore del Milan Pioli farà un minimo di turn over visto l’alto numero di impegni ravvicinati. Leao e Ibrahimovic sono ancora out, mentre hanno recuperato Bennacer e Castillejo, anche se titolari ai loro posti potrebbero essere ancora Tonali e Hauge. In difesa Dalot farà rifiatare Calabria, conferme per Kjaer, Romagnoli e Theo Hernandez. Rebic giocherà da attaccante centrale, con Saelemaekers e Calhanoglu a completare la trequarti.

Dall’altra parte l’allenatore Neil Lennon, finora confermato dalla dirigenza nonostante i pessimi risultati, non avrà a disposizione gli infortunati Shane Duffy, Christopher Jullien, Mohamed Elyounoussi e Leigh Griffiths. Il portiere titolare sarà Barkas, in attacco giocherà il giovane fromboliere francese Odsonne Edouard, mentre sulla fascia sinistra ci sarà l’ex della partita Laxalt.

Come vedere Milan-Celtic in diretta tv e streaming

Milan-Celtic è in programma giovedì alle 21:00 a San Siro. Si può vedere in diretta TV sui canali Sky Sport Uno (201 del satellite, 472 e 482 del digitale terrestre) e Sky Sport (252 del digitale terrestre).. La stessa trasmissione sarà disponibile anche in diretta streaming tramite Sky Go, il servizio per dispositivi mobili a disposizione degli abbonati a Sky. La telecronaca sarà di Andrea Marinozzi con il commento tecnico di Fernando Orsi.

Milan Celtic si disputerà questa sera, Giovedì 3 dicembre 2020, alle ore 18.55  La partita sarà visibile sui canali Sky e nello specifico sui canali Sky Sport, sia sul satellite che sul digitale terrestre ed ancora Sky sport Arena al numero 204 del satellite. Ovviamente chi vorrà potrà seguire anche il match in diretta streaming. Gli abbonati potranno affidarsi a Sky Go per poter vedere il match, scaricando l’app su dispositivi mobili quali computer e notebook o ancora tablet e smartphone. Ci sarebbe ancora un’altra possibilità, ovvero guardare il match su Now Tv, il servizio di streaming live e on demand di Sky che da la possibilità di poter assistere ai più importanti incontri di calcio, ovviamente dopo aver acquistato uno dei pacchetti offerti.

Stefano Pioli e Giacomo Murelli sono guariti dal Covid. Il comunicato del Milan è arrivato alle 9.15 di ieri mattina e questo ha consentito all’allenatore e al suo vice di tornare a Milanello per guidare il penultimo allenamento prima della gara di questa sera con il Celtic, poiché oggi, in mattinata, è prevista la rifinitura finale e la diramazione dei convocati per la partita.

Pioli è intervenuto in conferenza stampa e sul ritorno nel suo luogo di lavoro ha dichiarato: «Mi è mancato tanto il quotidiano. Sono stati 18 giorni lunghi. Ieri sera quando mi hanno comunicato la negatività ho fatto fatica a prender sonno, perché non vedevo l’ora di tornare. Devo dire grazie al club, perché hanno migliorato velocemente tutte le tecnologie per poter lavorare a distanza, grazie a tutti i tifosi che mi hanno sostenuto e supportato in questo momento particolare, un grazie immenso alla squadra perché mi ha reso orgoglioso e grazie a chi mi ha sostituito».

Il momento no del Celtic, che è stato contestato fuori dal Park domenica scorsa, non fa stare tranquillo Pioli, che avverte: «Ci aspettiamo un avversario determinato, dobbiamo essere una squadra molto seria domani. Non abbiamo ancora centrato la qualificazione. La partita di domani dovrà essere giocata molto bene, perché il Celtic ci può creare delle difficoltà».

Con la positività al coronavirus, Stefano Pioli è stato impegnato in smartworking per seguire gli allenamenti della squadra oltre alle partite, visionate grazie alle telecamere tattiche dei suoi collaboratori tecnici, che gli hanno dato la possibilità di avere una visione d’insieme del campo e della squadra. Su questa esperienza ha scherzato: «Posso dire che lo smartworking non funziona (sorride ndr), perché ho lavorato molto più da casa che dal campo, però vedere i giocatori dal vivo è un’altra cosa» mentre sulla crescita della squadra afferma: «Noi vogliamo sempre provare a fare le partite.

Non dobbiamo smettere di provare a comandare, ma dobbiamo anche saper gestire quando è il momento di saper soffrire e stare compatti. E’ una crescita importante. Dobbiamo continuare ad essere sempre pericolosi, provando a farlo per tutta la partita, perché ne abbiamo la possibilità». Guardando le partite da casa, Pioli ha anche analizzato il diverso modo di vedere le gare: «Guardando le partite alla televisione è diverso. Capisco un po’ di più chi sta davanti alla tv e che critica facilmente. Dalla tv qualche errore fai più fatica a sopportarlo. In partita sono più positivo e propositivo, a casa mi son trovato un po’ più nervoso».

Il Milan dovrà fare ancora a meno di Zlatan Ibrahimovic e Rafael Leao: «Andiamo avanti giorno per giorno. Forse per domenica è un po’ presto, però valutiamo bene, manca ancora qualche giorno» mentre sul possibile acquisto in attacco a gennaio, Pioli un po’ chiude: «L’’assenza di giocatori nello stesso reparto ci abbia tolto qualcosa in termini di rotazioni, soprattutto. Ci sono anche Colombo e Maldini, che sono sicuro che sapranno farsi trovare pronti quando avremo bisogno di loro».

Un leader ne sa riconoscere subito un altro, al primo sguardo. Figuriamoci quando parliamo di campioni: è una questione genetica. Paolo Maldini non ha bisogno di valutare i fatti attuali per conoscere il peso di Zlatan Ibrahimovic sul destino del Milan, sapeva tutto già da prima. Altrimenti non avrebbe insistito tanto, con Boban e Massara, per averlo già mesi fa e poi per riprogrammare il futuro insieme, rigorosamente rossonero. Il dt si racconta a Dazn e, in un modo o nell’altro, si finisce sempre lì, a parlare di Ibra: «L’idea era nata già nel gennaio precedente, ne ragionavamo con Leonardo.

Avevamo parlato con Zlatan e con Raiola. Lui però aveva dato la parola ai Los Angeles Galaxy: se avesse raggiunto un certo risultato sportivo ed economico sarebbe rimasto. Una volta raggiunto, ha detto: “Mi dispiace, ne riparliamo”. Secondo noi era l’uomo giusto per creare quel mix tra gioventù e esperienza. Lui e Kjaer hanno dato dei risultati incredibili. Abbiamo sempre avuto dei punti di riferimento e in quel momento non ce ne erano tanti. Magari c’era qualcuno, ma giocava poco, e giocando poco magari diventava meno importante rispetto ad uno con il carattere straordinario di Ibra.

E’ normale che l’idea sia condivisa: non possiamo permetterci di prendere giocatori che non siano approvati dalla proprietà. Però è stato un rischio di sicuro, perché veniva comunque da due anni di Mls, la Serie A è un’altra cosa. Lui stesso, quando abbiamo proposto 18 mesi di contratto, ci ha detto: “Facciamo sei mesi perché non so cosa posso darvi”». La risposta si è vista sul campo, senza discussioni.

Accostarlo ai campioni immortali del Milan non è peccato, parola di Maldini: «Ibra e Van Basten sono due super campioni e stilare una classifica sarebbe difficile. Baresi e Van Basten erano quelli che avevano qualcosa in più degli altri. Marco, purtroppo, ha dovuto smettere nel suo momento migliore. Ibra, per quello che ha fatto e che sta facendo, è senza dubbio a quel livello lì. Per fare certe cose devi essere un grande campione non solo in campo, ma anche fuori.

Il campione riconosciuto da tutti è quello che è campione in tutto». Un campione capace di dare una spallata, in positivo, al 2020 del Milan: «Sì, Zlatan rompe le scatole in una maniera impressionante… Il nostro era già un gruppo competitivo, ma forse i ragazzi venivano un po’ frenati dalle responsabilità: Ibra è arrivato e se le è prese tutte lui». E domani sono attesi nuovi riscontri medici per capire quando lo svedese potrà tornare in campo dopo l’infortunio muscolare: difficile con il Genoa, l’obiettivo diventa Praga tra una settimana (soprattutto se dovesse essere ancora decisiva) oppure il Parma domenica 13 dicembre.

Adesso il Diavolo vuole vestire di nuovo i panni da protagonista in Europa ai massimi livelli e su questo discorso Maldini non si tira indietro: «Il disegno cambia strada facendo, io sono legato ad un Milan vincente: devo salvaguardare anche quello che la mia storia si porta dietro, quello che i tifosi si aspettano da me. Il Milan che non va in Champions da così tanti anni non si può sentire. Abbiamo intrapreso un percorso che ci deve portare stabilmente in Champions, è una competizione che ti dà introiti importanti. Siamo partiti con un’idea di un progetto che potrà un giorno diventare autosostenibile, in un momento di grande crisi questo ha ancora più valore».

La rifinitura che il Milan sosterrà prima di pranzo scioglierà gli ultimi dubbi che Stefano Pioli si porta dietro in merito alla formazione contro il Celtic, alle 18.55, che potrebbe valere già la qualificazione alla fase ad eliminazione diretta qualora i rossoneri vincessero e il Lille dovesse battere lo Sparta Praga. L’allenatore milanista farà ancora turnover laddove sarà possibile, con Dalot che prenderà il posto di Calabria come terzino destro (l’azzurro sarà poi titolare domenica al Ferraris contro la Sampdoria) mentre è ancora indeciso su chi far riposare tra Kjaer e Romagnoli.

L’indiziato sembra essere il capitano ma, in ogni caso, è certa la titolarità di Gabbia così come quella di Hernandez sulla corsia di sinistra. Intervenuto ieri in conferenza stampa, proprio Diogo Dalot ha parlato dei suoi primi mesi al Milan: «Il mio inserimento procede bene, l’Italia è un Paese simile al Portogallo.

Siamo una grande squadra. Vogliamo arrivare in alto, ma dobbiamo lavorare sodo. Con questa mentalità possiamo raggiungere i nostri obiettivi». Il portoghese è arrivato in prestito secco dal Manchester United e nelle prossime settimane dovrebbe essere calendarizzato un punto della situazione con i suoi agenti per capire anche se la posizione dei Red Devils, che non vogliono cederlo a titolo definitivo, sia cambiata o meno nell’ultimo periodo. Dalot, ad oggi, è la prima alternativa a Calabria mentre Conti, per il momento, è il fanalino di coda delle scelte e non è da escludere a priori che a gennaio si possa guardare attorno, così come Musacchio.

La novità più importate è quella relativa alla spalla di Kessie in mezzo al campo. Con Tonali che non ha ancora i tre impegni consecutivi nelle gambe e con Bennacer che sta smaltendo l’affaticamento agli adduttori, toccherà a Krunic andare a fare il secondo mediano mentre davanti a loro e alle spalle di Rebic, che è ancora a caccia del suo primo gol in questa stagione, turno di riposo per Saelemaekers mentre Calhanoglu, Hauge e Diaz si contendono due delle tre maglie ancora a disposizione, con il turco ed il norvegese segnalati in vantaggio rispetto al folletto andaluso. Capitolo infortuni: Ibrahimovic e Leao si sono sottoposti, nei giorni scorsi, a nuovi controlli strumentali che hanno evidenziato la bontà del cammino intrapreso, ma non saranno a disposizione per la partita di questa sera. Il portoghese sembra essere più avanti rispetto a Ibra, al quale sono stati rimodulati i carichi di lavoro. Obiettivo, per lui, esserci contro il Parma la prossima settimana.

La parola d’ordine per il Celtic è quella di lasciarsi i problemi a Glasgow prima di prendere l’aereo per Milano. In patria per il momento i tifosi hanno concesso una tregua alla squadra, in attesa di vedere una reazione da parte del gruppo. Aleggiano come spettri sulla testa dei giocatori le proteste seguite alla sconfitta al secondo turno di Coppa di Lega scozzese contro il Ross County (squadra che in campionato lotta per la salvezza) rimediata domenica.

Per uscire da Celtic Park dopo una prova molto negativa, a Neil Lennon e giocatori è servita la scorta della polizia, visto che fuori gli ultras inferociti li aspettavano. Ai disordini è seguita una nota ufficiale del club, che esprimeva disappunto per le reazioni violente. Una situazione inaccettabile, secondo il club, verso una squadra che ha vinto 11 trofei negli ultimi anni (di cui 9 scudetti di fila). Alcuni giocatori sono anche rimasti scioccati per l’accaduto, mentre martedì è arrivata una dichiarazione ufficiale dell’amministratore delegato, Peter Lawwell, per consolidare la posizione di Lennon in panchina. «Per quanto stiamo vivendo un periodo difficile sul campo, la nostra intenzione è quella di portare a termine con successo la stagione e andare avanti tutti insieme».

Ma nonostante le rassicurazioni, è difficile pensare che se la partita contro il Milan si dovesse concludere con una sconfitta sonora e una prova grigia degli scozzesi, questi sarebbero accolti a braccia aperte in patria. Anche perché pure in campionato l’ultimo risultato fatto segnare è uno scialbo pareggio 2-2 con l’Hibernian. «Siamo dispiaciuti e feriti per quanto accaduto domenica – ha spigato Lennon nella conferenza di rito prima del match di Europa League -. Capisco la frustrazione dei tifosi, non siamo in un gran periodo. Ma siamo tutti d’accordo sul fatto che dobbiamo fare meglio, tanto per prestazioni che per risultati. Ho lavorato vent’anni per portare vittorie a questo club e questo non cambierà. Sappiamo di valere di più dei risultati che arrivano in questo momento, ma dobbiamo migliorare nel reagire quando finiamo sotto di un gol.

Detto questo, siamo convinti di poter andare in Italia per fare una bella partita». Certo le facce all’aeroporto erano tutt’altro che quelle di giocatori convinti di venire a Milano per fare un’impresa. Non aiutano nemmeno il forfait di Elyounoussi (che non è nemmeno tra i convocati) e le condizioni precarie di Duff, che ha un ginocchio gonfio per una botta e verrà valutato prima della gara. È invece del tutto recuperato il difensore Christopher Jullien (farà coppia con il norvegese Ajer da mesi monitorato dagli scout rossoneri), che ha raccontato di come lo spogliatoio sta vivendo questi momenti. «Il gruppo non è mai stato così unito come nelle ultime settimane.

Andiamo sempre in campo per cercare di vincere e siamo sempre gli stessi giocatori che hanno ottenuto tante vittorie». Pensare che in un periodo così il Celtic riesca a fare un’impresa a San Siro, in questo momento va molto oltre l’ottimismo, anche perché ai fini della classifica del gruppo europeo, una vittoria servirebbe comunque a ben poco, considerato che gli scozzesi hanno finora racimolato un solo punto. Quello che però i loro tifosi si aspettano è un virata in quanto a mentalità. Altrimenti il ritorno in Scozia potrebbe portare anche a un clamoroso cambio in panchina.

Il Milan di Paolo Maldini luccica come una pepita d’oro. Gli acquisti fatti nelle ultime tre sessioni di mercato valgono già cento milioni in più. Un miracolo frutto di un cocktail ben miscelato tra intuizioni, perlustrazione di mercati “alternativi” e fiducia sul senso di rivalsa dei (pochi) senatori presi. Ibra, fa storia a sé in questo affresco. Alzi la mano piuttosto chi avrebbe scommesso un euro per esempio su Simon Kjaer, rottamato dall’Atalanta per manifesta incompatibilità tattica con Gasperini. Oppure chi avrebbe mai pensato che Ismaël Bennacer sarebbe diventato centro di gravità rossonero: era stato preso dall’Empoli, fresco di retrocessione, ma tutto il suo talento sarebbe divenuto manifesto nella Coppa d’Africa 2019, di cui è stato eletto miglior giocatore. Maldini, Boban (ancora rimpianto dai tifosi) e Massara, che l’avevano pagato poco più di 16 milioni, l’avessero rivenduto addirittura prima che indossasse la maglia rossonera, avrebbero già fatto plusvalenza, mentre oggi di milioni ne vale 50 (il prezzo della clausola attivabile solo dall’estero dal 2021). Maldini si è poi immediatamente distinto per la ricerca di giocatori molto tecnici e per il coraggio nell’andare al di là delle apparenze: manifesto di questa attitudine il corteggiamento a Theo Hernandez a Ibiza. Il francese, noto per un caratterino da sfascia spogliatoi, è oggi il più grande rimpianto per il Real Madrid che l’ha sbolognato per 22 milioni e oggi ne vale più del doppio. L’asse Massara-Moncada ha invece portato il Milan a scandagliare mercati sconosciuti per il Milan e, in generale, per le grandi del nostro calcio. Un tempo colpi alla Milinkovic-Savic erano peculiarità della Lazio di Igli Tare, oggi quei territori ricchi di talenti a buon mercato sono terreno di caccia pure del club rossonero. Dal Belgio, grazie al lavoro dello scouting è arrivato Alexis Saelemaekers, mentre Jens Petter Hauge è stato pescato in Norvegia. Nessuno l’avrebbe mai conosciuto se il ragazzo non avesse fatto faville, proprio contro il Milan nei preliminari di Europa League con la maglia del Bodø/Glimt, invece il ragazzo era già stato avvicinato dal club rossonero che così ha potuto anticipare la concorrenza. Poi ci vuole un allenatore capace di lanciare i giovani e Stefano Pioli, in tal senso, non ha bisogno di lezioni da nessuno. Se Leao sta finalmente mostrando il suo infinito talento è sicuramente merito di chi lo allena e ha costruito intorno a lui (e a Rebic, altro giocatore rifiorito a Milanello) un ingranaggio capace di supportarlo ed esaltarlo. Dna che appartiene pure a Brahim Diaz e Diogo Dalot che il Milan ha voluto prendere dal Real e dallo United a scatola chiusa nella speranza di poterli trattenere. Una missione che, se portata a termine, potrebbe assicurare altri due talenti da plusvalenza per Elliott che mai come oggi ha benedetto la scelta di non aver preso Ralf Rangnick, visto che un paio di “potenziatori” il club li aveva già in casa, a capo dell’area tecnica e in panchina. Anche se la proprietà ci ha messo un po’ ad accorgersene.

Silvio Berlusconi ha sempre mal sopportato l’idea di restare a riposo. Succede anche ora, di fronte agli ultimi consigli dei medici di rispettare un rigido regime, perché il Covid ha lasciato i segni sul suo organismo, come è inevitabile per una persona di 84 anni. L’ultimo aggiornamento sulle sue condizioni lo ha fornito lunedì uno dei suoi avvocati, Federico Cecconi, nell’udienza del processo “Ruby ter”: negli ultimi giorni, dato anche un «certo attivismo» nell’attività politica «che gli era stato sconsigliato», si è registrata «un’ulteriore forma di ingravescenza», cioè di peggioramento, rispetto a «un iter di miglioramento» avuto «in precedenza», quando a metà settembre era tornato a casa dopo una dozzina di giorni di ricovero all’ospedale San Raffaele, necessari a curare una polmonite bilaterale da coronavirus. In particolare, il legale ha parlato di una «fibrillazione atriale», un problema cardiaco da non sottovalutare per un paziente che quattro anni fa è stato operato al cuore. All’ex presidente del Milan è stato raccomandato «riposo assoluto domiciliare, di non muoversi e di non svolgere attività». Nella sua villa di Arcore o nella residenza di Valbonne, in Francia, in queste settimane le partite del suo Monza (e talvolta quelle del Milan) sono state fra le poche occasioni di svago, anche se non sempre al 90′ l’ex premier era soddisfatto, visto che la prima vittoria in campionato è arrivata alla quinta giornata e il percorso in Coppa Italia si è già concluso.

Obiettivo Serie A

Ora la squadra di Cristian Brocchi è reduce da tre risultati utili consecutivi e alla vigilia della sfida di oggi con il Vicenza è arrivata la notizia del sequestro di un migliaio di tamponi molecolari nelle celle frigorifere del laboratorio San Giorgio, a cui il club si era rivolto per lo screening. Il Monza si è sempre dichiarato estraneo alla vicenda, in cui è indagato Cristiano Fusi, medico del Milan (oggi nel settore giovanile) dagli anni di Berlusconi e Adriano Galliani, nonché specialista degli Istituti Clinici Zucchi di Monza, uno dei tre medici a cui è stata affidata l’esecuzione dei tamponi rapidi. A Monzello si dicono sereni, sicuri che tutto sia stato svolto regolarmente. Si pensa solo a scalare la classifica. Fininvest ha investito risorse che non tante società possono permettersi a livello di Serie B. Portare per la prima volta in Serie A la squadra è ai piani alti della graduatoria dei desideri di Berlusconi, deciso a tornare ai massimi livelli del calcio, a quattro anni dalla cessione del Milan al misterioso Li Yonghong. Intanto persegue l’obiettivo di continuare a essere protagonista in politica, come è riuscito negli ultimi giorni. E i suoi medici non sono gli unici a essere preoccupati.