Franco Battiato, uno dei più grandi musicisti e compositori contemporanei europei, si esibisce questo giovedì prossimo 13 luglio a Malaga, in Plaza de Toros de La Malagueta, all’interno del Festival Terral che è stato organizzato per anni dal Teatro Cervantes. Non è la prima volta che Battiato gioca a Malaga. Ed è sempre stato un evento. Facendo eco al suo tour spagnolo durante il mese di luglio, dove sta esaurendo i biglietti ovunque vada, abbiamo commissionato allo scrittore e musicista anche unico, Josele Sangsa, battiatologo eterodox, un approccio intenso e particolare alle sue canzoni, figura, echi culturali (delle danze sufi) e all’impatto sentimentale che ha prodotto. Il risultato è questo cross-tour, personale, pieno di umorismo e retranca. Con te: Battiato, un Torrebruno e mezzo.
Ho vagato per i campi del Tennessee, chissà come sono arrivato lì, quando una voce mi ha chiesto, “Non hai fiori bianchi per me?” Ero già lontano dai 30 anni, stavo iniziando a pensare ad altri modi di desiderare. Mi ha parlato dei percorsi che portano all’essenza. Dopo averlo scoperto, quasi 10 anni prima, Francesco Battiato,nato quando Riposto era Iona, poche settimane prima della fine della guerra, era già noto in Spagna come Modugno, Mina o Battisti. Non lo sapevo. Avevo perso la sua era sperimentale e le sue forays nel progressive rock, anche se ricordo di aver visto nei primi anni ’80 nella discoteca della radio L’arca di Noe, che in Spagna ha curato con grande furtività l’etichetta EMI.
Nonostante la mia propensione all’Eurovision Song Contest, un concorso già in bassa orario, non ho riparato nemmeno nella canzone che rappresentava l’Italia nel 1984, quella che 20 anni dopo canticchiava incessantemente durante il mio primo viaggio in Tunisia, i treni di Tozeur. Devo ammetterlo, ero più interessato al tuo duetto, Alice.
Tengo ancora Gioielli rubati,una cassetta edita da Hispavox nel 1985 che includeva un’altra canzone per me initious, Prospettiva Nevsky. Con la sua voce raccavada, la cantante ripeté: “E la mia insegnante mi ha insegnato quanto sia difficile scoprire l’amante all’ombra”. Così mi sono innamorato di lui, di Battiato, il ragazzo dal gran numero, che ha parlato nel suo repertorio di Sufi, nuovi sentimenti e amori che si perdono nell’infinito, proprio come i vecchi treni nel paesaggio pomeridiano.
Come tante persone della mia generazione, quella che ora è stata vaccinata, con quei tre album, Sufi Dance Echoes, Nomads e Fisionomics, ho deciso di cercare il centro di gravità che garantiva il lavoro fisso, uno scontrino mensile e una settimana di vacanza ogni anno in un paese diverso. Più lontano, meglio è. Lì, mentre vagavo per i campi del Tennessee, perdevo il nord sentimentale e nessuna notizia da Battiatto più, ho sentito di nuovo la voce, la sua voce. “Ti salverò da ogni malinconia, perché sei un essere speciale e mi prenderò cura di te, mi prenderò cura di te…”, disse la lettera di Cura.
Qualcuno mi ha detto che quello siciliano, trasformato in vegetariano recalcitrante e sempre strettamente accompagnato dalla madre, era stato messo nelle mani di un filosofo, Manlio Sgalambro,dal quale ho finito per leggere La Consolazione,che ha pubblicato Pre-Testi.
Il mio ammirato Octavio Salazar Benitez ha detto in un tweet che la cura fa parte della sua educazione sentimentale. Anche il mio perché il concetto di cura è il legame che unisce due sguardi sulla stessa emozione. Dalla giovinezza alla maturità, dal bagliore fisico all’attenzione ai bisogni dell’altro o dell’altro. Per renderlo autentico, tutto ciò che amo devi portare una cura implicita. La pandemia lo ha chiarito.
In qualche tregua che ci ha concesso il confinamento, sono uscito più di un pomeriggio per camminare con una delle versioni che ha fatto delle sue canzoni preferite nella serie Fleurscedés, l’Avec le temps di Leo Ferré che il siciliano ha trasformato in“Col tempo sai:Col tempo sai / che col tempo tutto va / , non ricordi più il fuoco, / non ricordi le voci delle persone recenti, / e i loro sussurri./ Non ritarderò a coprirti. “
Non lo so da molto tempo. Stamattina ha appena fotografato un fiore nel mio giardino quando è scattato un allarme informativo. Dicono che Franco Battiato sia morto. Non so quanti anni avevo. Non è importante neanche. Mentre viaggiavo attraverso i campi del Tennessee, mi ha promesso che mi avrebbe protetto dalle paure, dagli ipocondria, dagli inganni del tempo, che non mi avrebbero fatto invecchiare.
E ci ho creduto.