Margherita Agnelli contro i figli Elkann per l’eredità di famiglia

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Margherita Agnelli riparte all’attacco dell’ordine familiare e societario, che in una dinastia come quella torinese sono elementi inscindibili dagli affetti personali. L’unica figlia in vita dell’Avvocato (Edoardo, il primogenito, si suicidò gettandosi da un viadotto autostradale nell’ottobre 2000) ha deciso di pretendere chiarezza su alcune supposte irregolarità formali nella registrazione della società Dicembre. È quanto riportato in una memoria depositata il mese scorso presso il Tribunale di Torino il cui contenuto è stato svelato dal Corriere della Sera.

Che cos’è la Dicembre? È la cassaforte nelle mani dei figli maggiori di Margherita, nati dal suo matrimonio con lo scrittore Alain Elkann: John detiene il 60 per cento delle quote, Ginevra e Lapo il 20. Non è una Spa né una multinazionale, ma la Dicembre ha in pancia un patrimonio smisurato: è infatti attraverso questa società che John Elkann controlla la Giovanni Agnelli Bv, società di diritto olandese in cui hanno partecipazioni più o meno minoritarie gli altri membri della dinastia (ormai circa 300 persone).

La quale, a sua volta, gestisce gli sterminati interessi del clan Agnelli. Parliamo del controllo di Stellantis, certo, l’ex Fiat Chrysler che si è fusa con la francese Psa, e di Ferrari. Ma nel portafoglio ci sono case editrici, società immobiliari e, da qualche tempo, anche una consistente partecipazione in un brand della moda, Christian Louboutin, i tacchi più prestigiosi del mondo. Ma perché Margherita ha deciso, sebbene per questioni formali, di scagliarsi contro gli interessi dei tre figli maggiori?

La questione non è nuova. La signora Agnelli non si sente vincolata dai principi che regolano il funzionamento della sua famiglia. Premessa: le grandi dinastie imprenditoriali si fondano su poche, semplici e certe norme costitutive, consuetudinarie, che una volta accettate dai membri del clan stesso diventano l’ossatura che assicura la continuità dei rapporti parentali ed economici. Ebbene, in casa Agnelli tali assiomi sono tradizionalmente sempre stati due: in famiglia si comanda uno alla volta e quell’uno deve essere uomo.

Il sistema fu inaugurato dal fondatore della Fiat, Giovanni Agnelli, il Senatore, che morì nel 1945 lasciando le quote della fabbrica in pari quantità ai sette nipoti Agnelli, figli di Edoardo, e ai cinque Nasi, discendenti di Tina (entrambi gli eredi diretti del Senatore erano già morti). Ma a Gianni, il primo maschio a portare il suo stesso nome e cognome, lasciò il doppio del pacchetto azionario. Questo garantì al contempo la continuità gestionale (anche se l’Avvocato prenderà le redini della Fiat solo dopo la morte dell’ingegner Vittorio Valletta, nel 1967) e una solida fortuna economica a ciascun discendente, anche alle donne, rendendole libere di scegliere la vita (e i mariti) che preferissero. Non una cosa da poco, nell’talia del dopoguerra.

Questo sistema ha retto fino a quando è rimasto in vita l’Avvocato. Il quale, nel 1999, aveva già dettato il futuro: l’erede della fabbrica e dunque della famiglia sarebbe stato John, il maggiore dei suoi nipoti. Esattamente come lui era stato scelto in quanto primo nipote del Senatore. Alla morte dell’Avvocato, nel 2003, Margherita era riluttante ad accettare la regola del maggiorasi), anche perché dal suo secondo matrimonio con il conte Serge de Pahlen nel frattempo erano nati altri cinque figli, i quali non sono mai stati contemplati dal nonno nella gestione degli affari di famiglia, forse perché all’epoca troppo piccoli, forse perché riteneva che in un modo o nell’altro non avrebbero avuto problemi a mettere insieme il pranzo con la cena.

Margherita ha sostenuto di essere stata convinta a cedere, dopo la morte di suo padre Gianni, le proprie quote della Dicembre, il 33 per cento, alla madre Marella in cambio di 105 milioni di euro. Quote contestualmente donate da Marella al nipote John. Margherita si sentì ingannata e iniziò una battaglia legale per appurare la reale consistenza del patrimonio di Gianni, secondo lei di molto superiore ai cespiti su cui venne liquidata la sua quota, 1,16 miliardi di euro oltre alle residenze di Villar Perosa, Sankt Moritz, New York, Roma.

Si è sempre favoleggiato, in particolare, del famoso oro degli Agnelli, una misteriosa riserva depositata dal Senatore in un caveau del centro Europa, alla quale si sarebbe potuto attingere solo in caso di difficoltà della Fiat. L’esistenza di questo tesoro non è mai stata appurata. E più voci familiari l’hanno derubricata a leggenda. Sono trascorsi anni, Margherita si è rivolta a giudici diversi, ma le sue pretese non hanno trovato accoglimento. Ma è evidente, stante questa nuova coda, che la vicenda giudiziaria è tutt altro che chiusa.

Fino a qui abbiamo parlato di quote societarie, miliardi, oro, case nei luoghi più esclusivi del mondo. Viene da chiedersi, però, che ruolo abbiano gli affetti in questo intricato assetto finanziario. Figlie e padri, madri e figli, nonni e nipoti: il denaro è davvero la precondizione esistenziale che scandisce la qualità dei rapporti in questa famiglia reale dell’Italia repubblicana? L’Avvocato fu un padre distratto e di questo, raccontano molti, si crucciò al tramonto della sua esistenza. Fu pero un nonno formidabile, capace di focalizzarsi sugli interessi dei nipoti, vedi il cinema, passatempo che condivideva con Ginevra Elkann, oggi affermata regista. Con il suo Magari, storia di tre fratelli che si trovano a trascorrere un Natale a Sabaudia con un padre fino a quel momento assente, ha raccontato l’essenza della sua storia familiare: tre bambini che si sono stretti l’uno all’altro mentre le vicende sentimentali e matrimoniali intorno a loro andavano in frantumi.

«Mio fratello, come nel film, ha avuto un ruolo difficile perché doveva fare da mediatore fra mio padre e mia madre e infatti è uno da situazioni complesse, lo dimostra costantemente», ha raccontato Lapo Elkann. «Mia sorella ha dovuto sopportare un fratellino rompiscatole e iperattivo, ma era sempre con me. L’amore che ho per loro è indistruttibile». Lapo, il meno diplomatico, è stato l’Elkann che a più riprese ha denunciato la sua insofferenza verso la madre, anche pubblicamente. È un vulcano di uomo, ma è alla costante ricerca di equilibrio. Di pace e serenità. Nel 2007 disse: «Non ho rapporti con lei, non voglio chi semina zizzania nel mio giardino». Più di recente, al Corriere: «Non è possibile dialogarci. Ha diviso la famiglia in due. Nel futuro amerei che non ci fossero battaglie, ma le vuole lei e, se c’è da difenderci, ci difenderemo».