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La Juventus giocherà stasera contro la squadra all’ultimo posto valido per l’ingresso in Champions League, l’Atalanta. Questa partita sarà cruciale per la Juve perché una vittoria assicurerebbe il quarto posto e la possibilità di un terzo scudetto consecutivo. Una potrebbe sconfitta significare che il Napoli li sorpasserà al terzo posto.

La partita che dovevamo vincere era quella d’andata e l’abbiamo vinta, contro i campioni d’Europa che sono in testa alla Premier e in Champions hanno subito un solo gol: a Torino contro la Juventus». Juventus-Atalanta incombe, ma è inevitabile che l’approccio alla partita contro la squadra di Gian Piero Gasperini parta dalla notte di Londra. E come aveva già fatto a Stamford Bridge dopo il tracollo contro il Chelsea, Massimiliano Allegri ha calcato la mano sul successo dell’andata e sulla qualificazione raggiunta, pur riconoscendo che « Perdere 4-0 è una brutta figura che non dobbiamo fare». Perché?

Perché la Juventus, questa Juventus, ha bisogno di sentirsi capace dibatterei campioni d’Europa, di scendere in campo consapevole di essere in grado di sconfiggere la capolista della Premier League. Ne ha bisogno più che mai dopo essersi «sciolta dopo aver subito il raddoppio», come ha spiegato l’allenatore bianconero riguardo all’andamento della partita di martedì. Ne ha bisogno più che mai oggi che affronta una squadra, l’Atalanta, che non è campione d’Europa né capolista della Serie A, ma da tre anni dimostra di poter mettere in difficoltà chiunque in Champions come in campionato e precede la Juventus di quattro punti. «E’ una sfida tra due squadre che lottano per la Champions e dovremo fare una grande partita, tecnicamente, offensivamente e difensivamente, contro una squadra importante.

Ci sono tutti gli stimoli, i ragazzi ieri (giovedì, ndr) erano abbacchiati dopo Londra, ma hanno fatto un bell’allenamento». E’ quell’abbacchiamento che Allegri vuole scacciare: lo aveva fatto a caldo, lo ha fatto ieri. «Quando parlo in conferenza io mando messaggi ai giocatori, perché ascoltano e leggono», aveva svelato durante l’intervista a marzo al Club di Sky, quando era ancora fermo ai box. «Non è che dopo una sconfitta è automatica la sfuriata – ha spiegato ieri – e che dopo una vittoria siamo tutti bravi e contenti. Ci sono anche momenti in cui si perde e bisogna stare calmi e momenti in cui si vince e bisogna arrabbiarsi. Serve capire il momento e quali sono le parole giuste da dire alla squadra».

Una squadra in cui non ci sono, soprattutto da metà campo in avanti, campioni esperti e affermati, consapevoli della propria forza come potevano essere un Khe-dira o un Mandzukic, tanto per non rimpiangere sempre Cristiano Ronaldo, capaci di non sciogliersi dopo il raddoppio del Chelsea o comunque al sicuro da contraccolpi anche dopo una batosta, forti del loro carattere e di palmares pieni di tutto. La Juventus attuale, salvo poche eccezioni, hbisogno di crearsi le proprie certezze, la propria consapevolezza, la propria durezza mentale. Sia che si tratti di non affrontare con superficialità le squadre meno forti – e Allegri ieri ha battuto anche questo tasto, anticipando il tema delle prossime cinque giornate – sia che si tratti di reagire ai momenti di difficoltà.
«Quello che è stato negli ultimi anni è il passato, sono giocatori diversi», ha tagliato corto Allegri quando gli è stato chiesto se bianconeri di oggi reggono meno le pressioni. «Questa è una rosa di ottima qualità, va fatto un percorso di crescita generale per migliorare singoli e squadra e ottenere i risultati.

Quando ho parlato con il presidente mi ha chiesto di tornare e lavorare con la società per far tornare la Juventus in grado di sostenersi da sola e ottenere risultati. Che questi risultati arrivino in un anno, in sei mesi o in due anni lo vedremo. Noi faremo tutto il possibile per fare in fretta. Era impossibile pensare di vincere per 20 anni, il campionato adesso è tornato equilibrato. In questo momento la squadra ha bisogno di lavorare, sono cambiati tanti giocatori e serve pazienza. Potevamo fare meglio e ce lo auguravamo, ma con la società siamo allineati e sappiamo dove dobbiamo andare». Più in alto in classifica in Serie A, intanto: «Adesso la cosa più negativa è che in campionato siamo in ritardo di punti e non possiamo cambiarlo, dobbiamo solo pensare a fare e recuperare: ora abbiamo davanti un mese importante in cui rosicchiare qualche punto e rimanere attaccati. La Champions la giocheremo a marzo, vedremo chi affronteremo, ma sarà un’altra stagione». E un’altra Juventus, quella che Allegri sta cercando di far crescere.

Dybala? Ieri l’ho provato prima punta, ma devo valutare come e quanto impiegarlo contro l’Atalanta. Devo cercare di gestirli tutti al meglio, ma soprattutto lui. Voglio fargli trovare con il minu-taggio una condizione ottimale, perché siamo nel momento decisivo della stagione, e abbiamo bisogno di tutti: e soprattutto di Dybala».
Pensieri e parole di Massimiliano Allegri alla vigilia della sfida contro l’Atalanta.

Pensieri e parole, però, colpo di scena… Pronunciate quasi 3 anni fa: era il 24 febbraio del 2018. Ma attenzione: il progetto torna di grandissima attualità perché quel piano d’un Dybala prima punta anti Atalanta che era poi naufragato per intemperie (il match venne rinviato e Higuain fece in tempo a recuperare) potrebbe trovare compimento ora. Proprio perché Dybala è sempre Dybala e anche perché l’Atalanta è sempre l’Atalanta: con le sue caratteristiche, le sue peculiarità, il suo gioco prettamente gasperiniano.
Mica per niente della cosa s’è parlato anche nella conferenza stampa di ieri: «Dybala è in una buona condizione e domani può partire titolare. La riflessione sulla possibilità di schierarlo prima punta che feci in passato? Semplice: contro le squadre di Gasperini che giocano uomo contro uomo il centravanti diventa fondamentale e deve essere il regista della squadra».
Interessante. Molto, interessante.

La tentazione, insomma, c’è. Nel caso l’argentino giostrerebbe al centro di un 4-3-qualcosa (Allegri dixit) completato da Morata e Chiesa deputati ad offendere e attaccare gli spazi, fraseggiare con Dybala in fase di possesso palla bianconera, eppoi chiamati a rinculare disegnando una sorta di 4-5-1 in fase di non possesso. Un lavorone, per carità, ma che potrebbe dare dei frutti interessanti. In questa prima parte di stagione, del resto, è emersa in maniera conclamata la difficoltà della Juventus a segnare gol. Allegri l’ha anche detto, in maniera schietta: «In questo momento ci penalizza la differenza reti che è un dato inconfutabile. Magari d’ora in poi faremo quattro gol a partita, non lo so. I gol nelle gambe li abbiamo, solo che ne abbiamo fatti meno. Ne abbiamo realizzati 18 e subiti 15. Le squadre che ci stanno davanti hanno subito i nostri gol, ma ne hanno fatti 30,32 e 38. Il calcio è cambiato molto ma la differenza reti è quella che ti fa vincere i campionati».

E dunque, qualcosa dovrà pur cambiare se si vuole invertire la rotta. Il recupero di Dybala, in questo senso, può risultare preziosissimo: nonostante i vari infortuni che finora ne hanno limitato l’utilizzo, l’argentino è capocannoniere della squadra con 6 reti realizzate. Nell’era Ronaldo ha pagato dazio: 10,17 e addirittura 5 gol a stagione. Nei suoi primi tre anni in bianconero, invece, ha sempre avuto una media realizzativa superiore a quota 20 marcature (23 sigilli nel 2015-16, poi 19, infine addirittura 26). E su quei livelli che vuole riportarsi la Joya. Giocando come centravanti, là in mezzo all’attacco, chissà: potrebbe persino superarsi. Lui ci spera e ci spera la Juventus tutta.