Quanta vita c’è tra Atene e Riccione? Chissà se questa domanda se l’è fatta Federica Pellegrini che ad Atene il 27 agosto del 2004 è salita sul podio delle Olimpiadi, conquistando un argento e facendosi conoscere dal grande pubblico. E poi a Riccione lo scorso 30 novembre ha disputato la sua ultima gara ufficiale, 6.304 giorni dopo. Ecco la misura che c’è in mezzo, con tanta vita che si è evoluta tra le due città così differenti l’una dall’altra, eppure entrambe capitoli fondamentali per la storia di una delle più forti sportive italiane di tutti i tempi.
La Divina Fede ha conosciuto e affrontato di tutto: i trionfi e le cadute, il successo fragoroso e la passione per il mondo dello spettacolo, l’amore e le delusioni. Ma anche le opportunità e le rinascite. Come donna, come atleta, come quell’araba fenice che spunta – tatuata – dal suo collo e che implicitamente è un manifesto di intenti e una sintesi perfetta di una vita vissuta al massimo. Mitologica come quell’uccello che sa ripartire dalle proprie ceneri, Federica Pellegrini ha saputo catalizzare l’attenzione mediatica e in 17 anni di notorietà non è mai stata soltanto un’atleta. Anche quando non vinceva, il personaggio resisteva ed entrava nei cuori della gente.
E questo se sei soltanto una sportiva non succede. Deve esserci per forza altro, deve esserci qualcosa in te capace di andare oltre i meriti agonistici e renderti speciale. E questo qualcosa Federica lo ha sempre avuto, sin da quando – sconosciuta sedicenne – conquistò le prime pagine dei giornali senza mai più abbandonarle. Con lei i duecento metri stile libero sono diventati una misura conosciuta, praticata e attesa, come i cento metri dell’atletica leggera: uno show, oltre all’evento sportivo vero e proprio. Quando c’è la Pellegrini? Cosa ha fatto la Pellegrini? Sono diventate le domande più frequenti in Italia durante le Olimpiadi.
A partire da quelle di Pechino che nel 2008 la consacrarono campionessa, regalando alla storia del nuoto italiano il primo successo olimpico femminile. E poi 7 mondiali e 14 europei tra vasca lunga e corta, senza contare i titoli italiani e quelli giovanili. In mezzo a tutto questo lo spettro delle crisi di panico che la perseguitano per qualche anno. E a lei dobbiamo riconoscere il grande merito di averne parlato, normalizzando la fragilità. Perché puoi essere una campionessa e una donna di successo, ma se il mondo gira troppo veloce e le aspettative su di te non sono più uno stimolo, ma un macigno appeso al collo, puoi anche cadere senza vergognarti o, peggio ancora, giustificarti.
«Mi impegnerò a servire il Movimento Olimpico al meglio delle mie capacità», ha dichiarato subito dopo l’elezione. E sicuramente, con un bagaglio di esperienze sportive e di vita come il suo, non potrà che far bene, mettendo sempre al centro la figura dell’atleta. All’orizzonte, in questo 2022 che le si prospetta, anche un altro grande passo. Dopo la finale olimpica di Tokyo e con i titoli di coda che iniziavano a scorrere sulla propria carriera, ha annunciato di avere una relazione con il suo allenatore Matteo Giunta.
I due si sposeranno con ogni probabilità l’anno prossimo. Nel 2020, in occasione del rinvio delle Olimpiadi per l’emergenza sanitaria, aveva reso noto che avrebbe accantonato tutti i progetti privati e stretto i denti per altri dodici mesi. Quel tempo è passato. Le ha regalato la quinta finale olimpica consecutiva (altro record) e ora può pensare a se stessa. «Era giusto e importantissimo per me finire in questo modo e con la possibilità di avere la mia famiglia vicino. Ho amato follemente il nuoto e lo amo ancora. Non mollate mai, qualunque cosa vi dicano». Questa la dichiarazione rilasciata pochi giorni fa, alla fine della sua ultima gara. Riecheggiano quelle parole, quell’amore folle e quella voglia di non mollare mai. Perché le storie belle esistono ed esisteranno sempre, oltre Federica e nel nome di Federica. Chissà che là fuori, nella corsia di qualche piscina di provincia, non ci sia già un’araba fenice pronta a levarsi in un nuovo e meraviglioso volo.