Non ho mai detto di aver visto Serena Mollicone e non ho mai detto di aver utilizzato acido per pulire l’alloggio in uso alla famiglia Mottola. Non ho mai visto la porta danneggiata anche se a parlarmene fu Anna Mottola”. A pronunciare queste sconvolgenti parole, cambiando la sua iniziale testimonianza, è stata Rosa Mirarchi, la cameriera addetta alle pulizie della caserma dei carabinieri di Arce, al lavoro nel periodo in cui Serena Mollicone fu assassinata.
La donna, dunque, ha fatto marcia indietro e non ha confermato le dichiarazioni messe a verbale nel corso delle indagini che hanno consentito la riapertura del caso e il rinvio a giudizio per omicidio di cinque persone, tutte accusate a vario titolo della morte della studentessa. Nel processo in corso Rosa Mirarchi è stata sentita dai giudici della Corte d’Assise di Cassino. Proprio le parole della donna negli anni scorsi avevano permesso di acquisire notevoli indizi a carico degli attuali imputati.
Come mai ha cambiato la sua testimonianza? Prima, ricordiamo che cosa accadde alla povera Serena. Serena Mollicone, 19 anni, scomparve il primo giugno del 2001 e fu ritrovata assassinata due giorni dopo, nel bosco di Fonte Cupa, ad Anitrella, a otto chilometri da Arce, il paese dove abitava e dove c’è la caserma dei carabinieri. Proprio in quella caserma, stando all’inchiesta coordinata dalla Procura di Cassino, Serena Mollicone sarebbe stata colpita violentemente e sarebbe caduta a terra “stordita”. Quando trovarono il suo cadavere, la giovane aveva intorno alla testa un sacchetto di plastica chiuso con del nastro adesivo. Non solo.
L’assassino e i suoi complici si erano assicurati che non si potesse muovere legandole anche le mani e le caviglie. Serena quando venne abbandonata in quel bosco era ancora viva. È questo l’aspetto più drammatico in questa atroce vicenda: se qualcuno avesse voluto, avrebbe potuto salvarla. La giovane, purtroppo, morì soffocata lentamente in quel bosco dove i suoi aguzzini la abbandonarono come un sacco dell’immondizia.
Nel 2016 le indagini, dopo anni di depistaggi che hanno bloccato la ricerca dei veri colpevoli e portato in carcere un innocente, il carrozziere Carmine Belli, sono ricominciate per volontà della Procura di Cassino e è finita a processo tutta la famiglia Mottola.
Chi sono i Mottola? Franco Mottola è l’ex maresciallo dei carabinieri di Arce, comandante della stazione della cittadina laziale ai tempi dell’omicidio della studentessa, Anna Maria è sua moglie e poi c’è il figlio Marco. Sono tutti accusati di omicidio volontario e occultamento di cadavere. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, sarebbe stato proprio Marco Mottola a colpire Serena nel corso di un violento litigio: la ragazza voleva denunciarlo perché spacciava droga nella cittadina.
Con loro a processo sono finiti anche altri due carabinieri: il brigadiere Francesco Suprano, che deve difendersi dall’accusa di favoreggiamento, e il maresciallo Vincenzo Quatrale, accusato di concorso nell’omicidio e anche di istigazione al suicidio di un collega. Si tratta del brigadiere Santino Tuzi, anche lui in servizio alla caserma di Arce quando Serena Mollicone fu uccisa. L’uomo, dopo anni di silenzio, nel 2008 si era convinto a dire tutto ciò che sapeva sull’omicidio della giovane, ma probabilmente fu minacciato tanto che si uccise a poche ore da un confronto proprio con il suo ex maresciallo Franco Mottola.